Memorie acquisite, memorie disperse – Celia Ascùa

Sono vissuta da migrante e tra migranti da prima di nascere. Per me la normalità è stata vivere tra i cognomi di tutto il mondo, appartenenti ai volti variegati degli umani cittadini di questo pianeta, compagni di gioco, di studi e di lavoro, quindi: esiste solo la razza umana.
Perciò riesco ad integrarmi bene con le persone dei posti in cui sono vissuta.
Ho scelto l’Italia perché mi piace moltissimo tutta la sua cultura e la gente. A livello umano sono stata accolta benissimo, con tanto affetto. Ho dei veri amici che hanno fatto per me cose che mi riempiono d’emozione, sto bene con loro e non sento la mancanza dell’Argentina, ma nel lavoro non è stato lo stesso.
Ho sempre avuto la fortuna di vivere e lavorare nella mia professione in tante città e Paesi fino a che sono arrivata in Italia, dove ho dovuto dimenticare i miei studi e non ho mai trovato un lavoro continuativo e in regola.
Avere la cittadinanza italiana non è stata una cosa in mio favore, poiché gli extracomunitari, per avere una permesso di soggiorno, hanno bisogno di essere assunti in regola.
Oggi possiamo sostenere che la colpa della mancanza di lavoro per tutti, e soprattutto per i giovani, si deve alla crisi economica che coinvolge l’occidente.
La mia esperienza però, da quando mi sono stabilita in Italia nel 1991, e confermata in seguito dal mio lavoro all’Ufficio Stranieri del comune di Verbania, è che agli stranieri non vengono riconosciuti gli studi all’estero, come invece accade nel resto d’Europa.
Tantissimi laureati stranieri che conosco, qua diventano poco più che analfabeti e si vedono obbligati a fare i lavori più umili. La loro professione, se non è esercitata né aggiornata, viene poco a poco dimenticata.
Le conoscenze disperse causano frustrazione e risentimento.
L’Italia così si impoverisce due volte: la prima perché non sa integrare tutte le competenze culturali e professionali degli immigrati, e la seconda perché – non essendo il merito il requisito prevalente per trovare un lavoro – i diplomati e laureati italiani che non vogliono come futuro la precarietà o il call-center, fuggono all’estero, dove sono molto stimati.

 Celia Ascùa

È nata in Argentina, di origine italo-spagnola, ha studiato all’Accademia d’Arte, si è laureata in ingegneria ed in seguito in architettura ed ha seguito un master in giardini e paesaggi a Madrid. Dal 1974 lavora come architetto edile e paesaggistico in Argentina, Messico e Spagna e come insegnante all’accademia d’arte di Cordoba e a Paranà. Sin da giovanissima si impegna nel volontariato sociale con i poveri e con gli handicappati fisici, al Cottolengo “san Camino” e in Associazioni Artistiche Culturali Giovanili.
Stabilita in Italia dal 1991 prende l’attestato di Mediatrice Interculturale e Linguistica della Comunità Europea e della Regione Piemonte, lavorando saltuariamente nelle scuole, all’Ufficio Stranieri di Verbania, al Tribunale e al Consultorio. Partecipa alle Associazioni Interculturali “Salam”, “Contatto” e “Terra Donna” per l’integrazione degli immigrati e all’Associazione Amici dell’Arte di Verbania