Fondo Mariateresa Battaglino
Inventario a cura di Marina Brondino (2017)
Con la collaborazione di Augusta Bertello, Anna Cagna, Cristina Cappelli, Elisabetta Donini, Cecilia Guiglia, Susi Monzali, Elena Petricola, Albalisa Sampieri
Versione integrale dell’inventario
Introduzione
A cura di Elena Petricola
Nel luglio del 2013 l’Archivio delle donne in Piemonte ha ricevuto una parte dell’archivio personale di Mariateresa Battaglino, recapitata nella sede stessa di ArDP dalla figlia Cecilia Guiglia e da Augusta Bertello. Le carte erano conservate presso la casa di Mariateresa in Toscana così come lei le aveva lasciate prima della sua improvvisa scomparsa avvenuta il 27 ottobre del 2011.
La scelta di ArDP come sede di conservazione e del preliminare lavoro di riordino dei documenti è maturata all’interno di reti di relazioni tra donne attraversate dalla condivisione con la stessa Mariateresa e con la figlia Cecilia. Un terreno comune di esperienze e passioni condivise nel segno dei femminismi, dell’associazionismo e delle imprese sociali delle donne, dell’amicizia e delle relazioni professionali.
L’approdo al versamento da parte dei figli di Mariateresa, Cecilia e Pietro Guiglia, ha suscitato una grande consonanza nello stile di lavoro adottato dall’Archivio, nato da questo stesso intreccio di reti tra donne e nel quale riconosce il cuore pulsante della propria identità. ArDP ha infatti investito energie e risorse in questa direzione sia al proprio interno sia all’esterno dell’associazione nelle forme della collaborazione e dell’elaborazione condivisa che rappresentano un aspetto fondamentale della propria fisionomia. A partire da questi indirizzi sono stati affinati nel tempo la specifica pratica d’archivio e di lavoro sulla memoria elaborati in questi anni, che hanno offerto un terreno sul quale poggiare le scelte relative al lavoro di riordino del fondo.
Ugualmente importante e che si colloca nel fare rete tra donne, è stato il supporto economico al riordino del fondo, senza il quale i tempi e i modi del lavoro avrebbero rappresentato delle incognite e probabilmente degli ostacoli fondamentali alla conservazione e alla fruibilità dei materiali. In concomitanza con il versamento delle carte, infatti, Augusta Bertello ha messo a disposizione i fondi necessari per una prima ipotesi di riordino, in seguito ulteriormente arricchita da un contributo da parte di Elisabetta Donini.
Si tratta di un aspetto di grande importanza per una realtà come quella di ArDP, sia come associazione sia come archivio, e che va sicuramente valorizzata opportunamente, considerata la difficoltà nel sostenere le attività di un archivio di donne e la costante laboriosità del reperimento di finanziamenti adeguati. Un punto di forza per realtà che non godono di particolari vantaggi o supporti nonostante abbiano obiettivi di importanza culturale e sociale facilmente riconoscibili sul piano pubblico.
Il lavoro in rete e l’elaborazione di pratiche che mettano in comune non solo le risorse archivistiche ma anche quelle economiche rappresentano infatti delle risorse fondamentali, a maggior ragione in un periodo storico in cui si lamentano notevoli difficoltà da parte degli archivi, che siano quelli istituzionali o che si tratti di quelli privati o di piccole realtà, fino ad aver raggiunto una sorta di cronicità per quel che riguarda archivi e biblioteche delle donne. Si tratta infatti di risorse relazionali specifiche di queste reti che permettono di costruire una circolarità di riconoscimento, elaborazione condivisa e operatività con un orizzonte temporale non limitato al qui e ora e anche al di fuori dei consueti canali di finanziamento pubblici e privati.
Il metodo di lavoro.
Nel corso del 2014 si è andata elaborando una metodologia di lavoro che permettesse di mettere in dialogo la pratica d’archivio di ArDP e le caratteristiche del fondo Battaglino.
I documenti portati in archivio erano raggruppati in diciotto scatoloni per una consistenza di circa dieci metri lineari, d’accordo con i familiari perché venissero riversati solo i documenti ma non la biblioteca personale di Mariateresa, salvo i volumi, gli opuscoli e le riviste già presenti negli scatoloni, nei faldoni e nelle cartelline. Una parte dei libri non associata alle carte infatti è stata donata dalla famiglia al Centro Pari Opportunità Colle Val d’Elsa, al momento conservata presso la sede dell’associazione Atelier Vantaggio Donna[1].
Nel complesso l’archivio personale di Mariateresa Battaglino, come spesso accade, ha visto diversi passaggi e smembramenti. Una parte delle sue carte era già stata riversata dalla stessa Mariateresa presso gli Archivi sociali, iniziativa legata alla Cooperativa Progetto Muret e fisicamente collocata presso Spazzi, in via Virle a Torino[2]. Altri documenti che la riguardano invece sono conservati presso l’archivio dell’Associazione Almaterra, della quale è stata tra le fondatrici[3].
Infine un’ulteriore parte dei materiali dell’archivio è conservata nel computer personale di Mariateresa. La famiglia ha incaricato Susi Monzali di riordinare i file per la loro archiviazione, procedendo all’esame dei file stessi, al loro riversamento in formato pdf per assicurarne la stabilità di conservazione e creando delle copie di backup, con l’intenzione di costituire un archivio on line. Sarà disponibile una Guida alla navigazione.
Le diverse collocazioni mettono in luce aspetti fondamentali degli interessi di Mariateresa – come il lavoro sul disagio psichico e il rapporto tra donne e migrazioni – nei quali si intrecciano passioni, lavori, ricerche, formazione. Le carte donate ad ArDP si presentavano come documenti d’uso e lo stesso fondo come un archivio ancora “aperto”, in progress, e con una fisionomia tale dal punto di vista dei contenuti per ampiezza e varietà da rendere molto difficile l’individuazione di nuclei tematici ben distinti.
Nel corso del 2014 ArDP ha proposto all’archivista Marina Brondino l’incarico di riordino del fondo. In sintonia con gli indirizzi dell’Archivio è stato costituito un gruppo di lavoro, composto da Cecilia Guiglia e Augusta Bertello, Anna Cagna, Elisabetta Donini, Susi Monzali e da chi scrive, con la finalità di accompagnare e seguire l’attività archivistica attraverso un’elaborazione comune, con il supporto dal Comitato di gestione dell’Archivio sempre informato e partecipe nel seguire i vari passaggi del lavoro di riordino[4].
In corso d’opera è stata consultata anche Cristina Cappelli, già presidente della Cooperativa Progetto Muret, sia per il rapporto di conoscenza e collaborazione con Mariateresa sia per il suo ruolo nella gestione degli Archivi sociali.
Nel definire questa metodologia di lavoro, si voleva mettere a frutto l’esperienza pluriennale dell’Archivio e i passaggi di elaborazione più recenti sull’intreccio tra archivistica e studi delle donne e di genere.
In seguito ai lavori di censimento dei materiali prodotti da e riguardanti le donne negli archivi piemontesi e alla pubblicazione dei risultati nel volume Archivi delle donne in Piemonte. Guida alle fonti[5], ArDP ha avviato un ciclo di incontri denominato Laboratorio dell’archivio delle donne e di genere, che si è svolto tra il 2014 e il 2016. L’intento era di mettere a frutto quanto fatto in precedenza con i lavori di censimento e avviare un percorso di elaborazione sugli archivi delle donne e di genere a partire da un approccio interdisciplinare che vedesse insieme archiviste, storiche, antropologhe, sociologhe, storiche dell’arte e della letteratura, fotografe, artiste, attiviste.
Tra i diversi aspetti emersi durante questo percorso di elaborazione, sono parsi particolarmente significativi il fatto che concettualizzare l’archivio significasse di fatto confrontarsi con punti di vista e modalità del “fare archivio” a volte anche molto diverse tra loro, e che una maggiore e approfondita collaborazione sarebbe stata più fruttuosa anche per esplorare più a fondo le opportunità e i limiti dell’intreccio tra archivistica e studi delle donne e di genere.
L’avvio dei lavori per il fondo Battaglino arrivava in un momento in cui ArDP era nel pieno di questo percorso. Nel valutare come coinvolgere concretamente il riordino nella prospettiva ipotizzata e discussa durante gli incontri del Laboratorio e all’interno di ArDP, sono stati definiti alcuni criteri di lavoro comune.
Innanzitutto un approccio collegiale, che preludesse anche a un maggiore approfondimento dell’utilizzo di alcuni degli strumenti chiave del lavoro archivistico, come ad esempio le descrizioni dei materiali e il lessico utilizzato, insieme all’intero impianto dell’inventario.
Ugualmente ci si è interrogate anche sulla necessità, come già detto, di mettere in dialogo competenze diverse, ma nello stesso tempo di provare a mettere in discussione gli aspetti più spigolosi degli specialismi sia in relazioni agli studi delle donne e di genere sia per quel che riguardava l’archivistica, non pensando alla pratica dell’archivio solo come a un settore disciplinare ma come terreno di sperimentazione anche per chi non lo pratica abitualmente ma ripone fiducia in questi strumenti e li vuole percorrere e utilizzare.
Al di là dei luoghi comuni sugli archivi, infatti, rimane una questione aperta, soprattutto in questo momento storico, a chi “appartenga” l’archivio, di chi sia questo patrimonio, ed è sicuramente convincente che non possa essere solo strumento di ricerca per specialisti e specialiste e terreno per la conservazione della memoria di gruppi di appartenenza troppo circoscritti[6].
Caratteristiche del fondo.
Se dunque nel corso del riordino il lavoro archivistico individuale si è intrecciato con quello di gruppo, il primo è stato fondamentale e indispensabile per porre alcune domande necessarie a ben interpretare la fisionomia stessa del fondo, il modo in cui riordinarlo e come renderlo fruibile per la consultazione.
A causa della scomparsa improvvisa di Mariateresa, le carte rappresentavano un terreno di lavoro rispecchiandone lo stile – nel lavoro principalmente e più in generale negli interessi – che procedeva per flussi e associazioni mettendo in luce quanto dinamico fosse il suo approccio alle cose ma non riconducibile a un impianto che sistematizzasse in modo univoco le carte.
Di qui le scelte, ben raccontate da Marina Brondino nella Nota archivistica di questo Inventario, nell’impostare il riordino discusse insieme al gruppo di lavoro, in modo che il flusso di attività, collegamenti, rimandi, accostamenti, casualità venisse rispettato il più possibile.
Una riflessione che ha interrogato e sollecitato appunto il metodo archivistico sia sul piano della “neutralità” sia su quello tassonomico della disciplina, chiamando in causa e dando spazio anche all’aspetto creativo e interpretativo nel descrivere e riordinare i documenti. Al contempo è stata centrale anche l’attenzione a costruire un sistema descrittivo e di riordino che permettesse accesso alle carte a partire da una reale possibilità di fruizione, evitando sia l’aspetto di costrizione sia quello di spaesamento o di eccesso di informazioni. Un’attenzione dunque a non “forzare” le carte e il loro andamento, nel costruire percorsi e narrazioni, offrendo uno schema aperto per studiare e interpretare la grande messe di informazioni, riflessioni ed esperienze contenute nei faldoni.
Come spiegato da Marina Brondino, per queste ragioni non si è ritenuto opportuno cercare una soluzione organizzativa per serie, scegliendo in finale di privilegiare una struttura organizzata attraverso un flusso per nuclei omogenei sul filo dell’andamento diacronico. Con il benestare della Soprintendenza, Marina ha infatti tentato una strada non scontata perché il fondo e le carte rivivessero il più possibile nello spirito di Mariateresa, rispettando il percorso di colei che le carte aveva prodotto e raccolto.
Il fondo si presenta come un ricco excursus sull’intera vita di Mariateresa. Seguendo l’ordine cronologico, infatti, i primi documenti sono relativi alla sua esperienza politica negli anni Settanta, la frequentazione di Avanguardia operaia ma soprattutto il suo attraversamento dei femminismi a Torino, in Italia e in Francia, con raccolte di appunti, opuscoli, manoscritti, riviste in diverse lingue che spaziano dall’autocoscienza al Coordinamento consultori, dalle pratiche relative all’aborto a documenti inerenti la questione del divorzio, dal lavoro delle donne alla questione della cura fino ai corsi delle 150 ore.
Si apre in sostanza un universo di temi che Mariateresa ha attraversato da protagonista trasmettendo e attingendo tanto che, come lei stessa dirà, l’esperienza di questi anni avrà una grandissima importanza per lei.
Le sue scelte nella formazione, Giurisprudenza iniziata e non conclusa seguita dal diploma alla Scuola di servizio sociale, la portano a lavorare nei Centri per la salute mentale della Provincia di Torino tra il 1960 e il 1964. Questa esperienza però la mette di fronte ai limiti dell’allora Psichiatria e della costruzione dell’”irrecuperabilità” dei pazienti, e della cronicizzazione di una condizione di malattia apparentemente insuperabile. La colpisce particolarmente la situazione di molte donne.
La crisi che le provoca la terrà lontana da questi ambienti fino al 1974, ma nel frattempo l’incontro con i femminismi e il movimento antipsichiatrico le permetteranno di elaborare nuovi strumenti di lettura e di pratica dentro e fuori dagli ospedali psichiatrici, in un lungo percorso di decenni fatto di riflessioni, formazione e pratiche per la deistituzionalizzazione, de-psichiatrizzazione, pratica di comunità e inserimento sociale dell’ex paziente psichiatrico. Nel ricordare questo intreccio a proposito del corso per le 150 ore su Donne e salute mentale (1980?), ampiamente documentato nel fondo, nel corso di un’intervista rilasciata nel 2006 dice:
“Il femminismo aiutava le donne a non nascondere il proprio disagio, il proprio dolore, a fare autocoscienza, cioè non solo a cercare nel sociale, ma a cercare dentro di sé, nei propri percorsi di vita. Contemporaneamente si faceva politica, cioè si socializzava tutto questo e si chiedeva all’ente pubblico, alle istituzioni di cambiare marcia, occorrevano servizi nuovi e ri-formulati a partire dalle istanze della nuova soggettività”[7].
Nel fondo sono presenti tanti materiali sul tema del disagio mentale e della psichiatria relativi a momenti diversi della vita di Mariateresa: azioni, ricerche, progetti legati alle conseguenze della legge Basaglia (1978) e della chiusura degli ospedali psichiatrici, presentando una continua rielaborazione di strumenti attraverso la formazione e diversi progetti all’interno di cooperative e associazioni come documentato dai fascicoli 13 e 14, denominati rispettivamente Torino Progetto e Psichiatria, che coprono un arco cronologico che va dal 1980 per arrivare fino al 1996.
Ugualmente altri fascicoli contengono documenti interessanti su singole iniziative ed esperienze legate a questi temi, come convegni e progetti, o lavori più continuativi come nel caso della già citata Cooperativa Progetto Muret (fascicolo 68) impegnata nel passaggio di chiusura degli O.P. di Collegno e Grugliasco e nella costruzione di alternative per l’inserimento sociale.
Il disagio psichiatrico, inteso come problema sociale intrecciato con la vita e la salute delle donne è un tema che ricorre costantemente nei documenti conservati nel fondo e ne costituisce un nucleo fondamentale. La questione viene affrontata da Mariateresa Battaglino anche nell’intreccio con un altro aspetto anch’esso fondamentale della sua attività quale quello legato al rapporto tra donne e migrazioni.
Seguendo l’andamento cronologico, il fondo offre infatti una grande ricchezza documentaria in relazione a questo tema. Sono presenti materiali riguardanti alcuni passaggi della formazione di MtB, in particolare corsi seguiti in Italia e in Francia relativi alla ricerca sociale e a quella antropologica. Partecipa infatti a momenti formativi dedicati ai servizi sociali, in particolare quelli legati a salute e disagio mentale dei quali si occupa fin dall’inizio della sua attività come organizzatrice dei servizi stessi e come formatrice negli enti pubblici.
Sviluppa un forte interesse per la ricerca sociale e per quella antropologica, perfezionando la sua formazione nelle Università di Torino, Caen e Montpellier, Parigi, già alla fine degli anni Cinquanta e nei primi anni Settanta, e in seguito all’inizio degli anni Ottanta come testimoniato dai documenti.
Allo stesso tempo, fin dagli anni Ottanta e ancora di più in seguito, gli interessi di Mariateresa si allargano in particolare all’Africa, al rapporto tra donne e “sviluppo”, all’intreccio tra produzione e riproduzione, al tema del lavoro e dell’impresa oltre ovviamente alla questione spostamenti e migrazioni. Un intreccio che mantiene costante il contatto anche con la questione del disagio psichico e che si allarga geograficamente grazie alle numerose esperienze di lavoro e ai contatti che MtB stabilisce nel corso dei decenni.
Da un’esperienza iniziale nelle zone sahariane e subsahariane, facendo anche ricerca sul campo in alcuni villaggi del Sahara, in seguito lavora in Mali e in Senegal, in Burkina Faso e in Niger, con un susseguirsi di progetti che dagli anni Ottanta arriverà fino agli anni Duemila.
Nei documenti è ben visibile un ulteriore nucleo di interessi molto legato a questo versante del percorso di MtB e cioè l’esperienza all’interno dell’Associazione Produrre e riprodurre, nata intorno al Convegno internazionale che porta lo stesso nome organizzato dal Movimento delle donne di Torino, Intercategoriale donne di Torino e Udi nell’aprile del 1983 a Torino.
A partire dal convegno, e in seguito con l’associazione, si mette a fuoco un nodo fondamentale della riflessione sul lavoro delle donne, da non intendersi solo come lavoro extradomestico ma come intreccio tra lavoro domestico ed extradomestico, facendo emergere il peso enorme del lavoro di cura, non quantificato e non valorizzato ufficialmente e a livello istituzionale, e il focus – imprescindibile per parlare di lavoro delle donne – su produzione e riproduzione.
Un patrimonio di riflessioni che aveva caratterizzato i percorsi femministi degli anni Settanta e che trovava nuove articolazioni nel corso degli anni Ottanta. Il termine riproduzione viene infatti utilizzato non solo in termini di riproduzione sessuata ma nella ben più ampia e fondamentale concettualizzazione di riproduzione sociale e di tutto ciò che ne consegue in termini di mantenimento e cura della società stessa.
L’Associazione Produrre e riprodurre, della quale Mariateresa Battaglino è fondatrice, socia e formatrice, opera in questo senso aprendo il discorso anche al rapporto tra Nord e Sud del mondo, tra paesi già industrializzati e paesi con economie “emergenti” o chiamati allora “paesi in via di sviluppo”.
Nelle carte ricorre spesso il nome dell’associazione e l’impegno di MtB a suo nome in progetti di cooperazione internazionale legati a una rete di donne nel Mediterraneo, alla formazione e alla riflessione sulla questione “sviluppo”, a incontri, convegni e scambi con diversi paesi europei e africani.
Punto di approdo, di passaggio e di rilancio di questo percorso sarà la fondazione del Centro interculturale tra donne native e migranti Almaterra di Torino[8], rispetto al quale è presente un nucleo documentario cospicuo all’interno del fondo e che testimonia un passaggio che nel corso degli anni Novanta, pionieristico a Torino, avrà sviluppi in diversi centri italiani, come Firenze, Imola e Roma[9]. Così come sarà accompagnato da un dibattito internazionale che avrà sviluppi molto importanti nel corso degli anni Novanta e degli anni Duemila sulla globalizzazione del lavoro di cura[10], l’approccio interculturale e l’emergere della categoria di genere come strumento di riflessione e di lettura dei fenomeni legati alla cooperazione.
Dal concetto di sviluppo alla critica allo “sviluppismo”, dall’approccio di genere alla valutazione della sua reale efficacia nei contesti di cooperazione, dalla centralità del lavoro di cura alla complessa articolazione del mercato del lavoro di cura a livello transnazionale e globale, i percorsi di MtB mettono in luce un continuo processo di elaborazione e di critica[11].
Così, in un contributo scritto a quattro mani con Elisabetta Donini e pubblicato nel 2002, le autrici esplorano la categoria di genere attraverso un processo di decolonizzazione dello sguardo, citando la studiosa e attivista senegalese Penda Nbow che rimarca come la prospettiva “sviluppista” imponga uno sguardo di genere principalmente formale ma che non viene poi elaborato a seconda dei contesti[12].
Nel 1993 Mariateresa si trasferisce da Torino in Toscana dove stringerà ulteriori rapporti di collaborazione, per citarne solo alcuni con il Cospe e Atelier Vantaggio Donna, continuando a portare avanti progetti e iniziative in dialogo con i tanti nuclei di interesse ricordati fino a qui.
Nelle carte è presente molto materiale databile dalla fine degli anni Novanta sui temi della produzione agricola delle donne e del rapporto tra cibo, ambiente e territorio.
Strumenti di corredo.
Nel corso del riordino, il gruppo di lavoro ha seguito anche l’elaborazione degli strumenti di corredo. A Marina Brondino è sembrato opportuno, come d’abitudine, affiancare all’inventario anche l’indice dei nomi e l’indice delle organizzazioni.
Insieme a questi, ci si è accordate perché fosse presente anche un indice degli argomenti principali. Come si può immaginare, grazie alla disponibilità di strumenti digitali è possibile ormai svolgere una ricerca per parole che permetta di orientarsi all’interno dei testi con molta agilità. La scelta di introdurre comunque un indice di questo tipo è sembrata opportuna in particolare per l’inventario cartaceo, e in generale come primo strumento di orientamento.
Tale scelta derivava da una riflessione sul lessico, frutto sia del percorso del Laboratorio dell’archivio delle donne e di genere, in particolare come riflessione sulle descrizioni già sedimentata durante la preparazione del volume Archivi delle donne. Guida alle fonti, sia come necessità di confrontarsi con la stratificazione di linguaggi presente all’interno del fondo che ospita carte che vanno dagli anni Settanta fino agli anni Duemila.
In questo arco di tempo il lessico utilizzato dalla stessa Mariateresa Battaglino e presente nei documenti cambia e si aggiorna con l’intervenire di nuove categorie, come quella di genere ad esempio, e con il cambiare dello sguardo su fenomeni e avvenimenti, come può essere nel caso dei processi migratori, del processo di decolonizzazione dello sguardo e della progressiva presa di coscienza dei fenomeni di razzizzazione nel linguaggio e nelle pratiche, per fare altri esempi.
Si è cercato dunque di contestualizzare le parole nella loro dimensione storica. Nell’inventario le descrizioni del materiale fatte da Marina Brondino sono perlopiù citazioni dirette, segnalate con le virgolette alte, dell’incipit dei documenti, oppure si tratta di descrizioni ex novo costruite con un linguaggio aggiornato alla sensibilità di oggi.
Altrettanto è stato fatto nell’indice degli argomenti, nel quale ricorrono macro – temi descritti con il linguaggio odierno, accostati in alcuni casi a temi che citano il linguaggio dei documenti segnalati in corsivo. Si troveranno ad esempio migrazioni e interculturalità, come scelta linguistica e concettuale del gruppo di lavoro, e immigrazione e mediazione culturale come citazioni dai documenti. La stessa indicizzazione ovviamente è presente nel database di Guarini nel quale Marina Brondino ha svolto il lavoro di riordino e la costruzione dei testi.
Nel proporre questa elaborazione non si è voluto in alcun modo indirizzare verso una gerarchia di temi o costruire una lettura complessiva dei materiali, quanto piuttosto dare appunto dei primi strumenti di orientamento all’interno di un fondo che, per le caratteristiche già descritte, si presenta molto complesso e articolato.
Auspicando che al più presto, anche per iniziativa di ArDP, il fondo possa essere esplorato e valorizzato, gli indici saranno in generale primi approcci alle descrizioni contenute nell’inventario che ovviamente non potranno sostituire il vaglio dei documenti, la frequentazione dell’archivio e l’analisi autonoma del materiale.
A supporto di questi strumenti ArDP ha predisposto uno spazio sul proprio sito web perché i limiti dell’inventario cartaceo vengano superati con la costruzione di percorsi digitali, la raccolta di memorialistica e di materiali prodotti da Mariateresa Battaglino o che la riguardino, siano essi testi, foto o materiali audiovisivi[13].
Qualche auspicio per il futuro.
Pensando al futuro e al modo in cui valorizzare il fondo di Mariateresa Battaglino, credo sia auspicabile che venga fatto ampiamente conoscere innanzitutto a persone di generazioni diverse e che possano farne letture basate su punti di vista, disciplinari e metodologici, differenti.
L’impianto femminista del pensiero e dell’azione di MtB, la sua fiducia nel tenere uniti visione d’insieme e tessitura, anche minuta, di relazioni, pensieri e pratiche, i suoi tanti interessi e i loro numerosi intrecci, il ricorrere di alcuni temi e la loro rielaborazione nel passare del tempo rendono di grande interesse le carte conservate nel fondo.
Che sia uno sguardo costruito attraverso la memorialistica, oppure attraverso il discorso storico, antropologico, o sociologico, o direttamente biografico, gli approcci possibili sono potenzialmente tanti sia in relazione al tempo presente sia attraverso un excursus sugli ultimi decenni di storia, con la possibilità di avere accesso tanto a una dimensione globale dei fenomeni quanto a uno sguardo più specifico sulla situazione italiana.
Alcuni nuclei tematici spiccano indubbiamente più di altri come ad esempio il riferimento alla questione della cura, che investe diversi campi concettuali ed esperienziali di Mariateresa. Lei stessa ne racconta le implicazioni e la complessità in un libro scritto insieme a Cristina Cappelli:
“La cura è spesso conflitto, un corpo a corpo, un confronto a volte anche duro d’identità e libertà contrapposte. Il mondo di significati della cura si può senza troppo sforzo farlo coincidere con il mondo in tutto e per tutto: la cura riguarda il pensiero come la passione, il lavoro, come le relazioni, la scienza, il diritto, la religione, in pratica la cura dice quasi tutto il reale
Aver cura è anzitutto ritrovare un legame, un nesso tra l’esperienza dell’essere “noi” e l’esperienza dell’essere “io”; la capacità di aver cura dell’altro e contemporaneamente la capacità di aver cura di sé, non in termini egoistici, ma in termini di generazione di nuove forme di vita, nuove forme di con-vivenza
Quello che emerge allora è l’affermazione del legame che precede ogni divisione: il senso dell’esistere per ogni persona è che la “cura della parte” è “la cura dell’insieme”: l’aver cura di sé e l’aver cura dell’altro da sé, ma anche la cura dell’ambiente in cui si vive, si implicano in modo inestricabile.
Piuttosto la cura è maestra della differenziazione: aver cura dell’altro è aver cura di me così come l’aver cura di me è aver cura dell’altro, accettando che ad ogni passo la tensione alla differenziazione, dentro le tensioni e i conflitti che questa genera, è foriero di vita e di morte, di distruttività o di creatività
In fondo la cura è l’arte di abitare luoghi in cui si generano differenze per individuare creativamente legami, parole, azioni collettive che esistono e danno senso alle stesse differenze”[14].
Cura è strettamente connessa al lavoro, all’intreccio tra produzione e riproduzione del quale si è già detto, al processo di costruzione di forme autonome e di empowerment nei percorsi di lavoro e di impresa da parte delle donne, così come è legata alle tante riflessioni sull’intreccio tra tempi di vita e tempi di lavoro, di uscita dall’emarginazione sociale e da situazioni di violenza.
Nel fondo sono presenti anche tante testimonianze dell’attività di formatrice “sempre in formazione” di Mariateresa, tanti materiali riguardanti la restituzione di numerose esperienze e riflessioni nei servizi sociali, nella cooperazione, nei percorsi interculturali che MtB ha voluto e attraversato.
Allo stesso tempo i materiali possono essere di grande interesse per un affaccio sui fenomeni migratori a partire dagli anni Ottanta, sulla elaborazione di strategie di relazione, collaborazione, cooperazione e cura, e sui passaggi storici tra integrazione, mediazione culturale e intercultura, e sui loro significati. Ugualmente sui rapporti tra donne nel Mediterraneo, sulla costruzione di reti e di strategie comuni nell’affrontare i disagi e le sfide degli spostamenti.
Le carte offrono anche molti spunti per ricerche e riflessioni sul sistema di welfare, sui servizi sociali e sull’evoluzione delle imprese sociali, sui tanti mutamenti relativi al trattamento del disagio mentale e al modo in cui si costruiscono servizi intorno a fenomeni sociali.
Sono davvero tanti gli stimoli e le possibilità che questi documenti offrono e l’auspicio è che al più presto ne vengano raccolte le potenzialità.
Torino, 18 febbraio 2017
Note.
[1] Per contatti e per la consultazione si può scrivere ad Angelina Gerardi, angelinagerardi@tin.it, e all’indirizzo pariopportunitavaldelsa@gmail.com. Presso Ardp è disponibile la catalogazione dei volumi.
[2] I materiali degli Archivi sociali sono consultabili tramite il sito www.progettomuret.org/archivisociali/index.php?login=1.
[3] Tramite il sito dell’Associazione è possibile accedere all’inventario www.almaterratorino.org/it/attivita/centro-documentazione.
[4] Il Comitato di gestione era formato da Anna Cagna, Giovanna Cuminatto, Liliana Ellena, Elena Petricola, Sara Staffieri e Ferdinanda Vigliani.
[5] Paola Novaria, Caterina Ronco (a cura di), Archivi delle donne in Piemonte. Guida alle fonti, Torino, Centro studi piemontesi, 2014. Il volume è stato pubblicato da ArDP in collaborazione con la Regione Piemonte, Settore biblioteche e archivi.
[6] Su questo aspetto mi permetto di rimandare al mio Passeggiare in archivio. Conservazione, ricerca, fruibilità in Sara Staffieri e Ferdinanda Vigliani (a cura), Memorie disperse memorie salvate. Quando gli archivi parlano di donne, SEB27, Torino, 2015.
[7] Nicoletta Giorda (a cura di), Fare la differenza. L’esperienza dell’intercategoriale donne di Torino 1975 1986, L’Angolo Manzoni, Torino, 2007, CD-ROM Testimonianze integrali, Maria Teresa Battaglino, p. 30.
[8] Cfr. Maria Teresa Battaglino, Abitare la città attraverso le differenze: il Centro Interculturale delle donne di Torino, in Cittadinanza delle donne, diritti, servizi, opportunità nel welfare municipale, «Pari e Dispari», n. 6, 1998.
[9] Cfr. Livia Alga, Pratiche politiche, conflitti, e creatività nei centri interculturali delle donne, «Rizoma freireano» vol. 7, 2010 consultabile all’indirizzo http://www.rizoma-freireano.org/index.php/pratiche-politiche-conflitti-e-creativita-nei-centri-interculturali-delle-donne-in-italia–livia-alga#a01 (ultima consultazione gennaio 2017).
[10] Mi riferisco ai lavori di Jacqueline Andall e a quello di Barbara Ehrenreich e Arlie Russell Hochschild sui rapporti tra cosiddetti primo e terzo mondo.
[11] Cfr. Mariateresa Battaglino, Angela Gerardi, Albalisa Sampieri (a cura di), Il lavoro di cura nel mercato globale: responsabilità e diritti, Punto di partenza, Bacoli, 2005.
[12] Mariateresa Battaglino, Elisabetta Donini, Donne, genere e progetti di sviluppo: questioni aperte sui criteri di efficacia in Elisabetta Benenati, Angela Calvo, Elisabetta Donini, Enrico Luzzati, Astrig Tasgian (a cura di), Lavoro, genere e sviluppo locale in Mali e Senegal, L’Harmattan Italia, Torino, 2002, in particolare pp. 178-179.
[13] www.archiviodonnepiemonte.it, si potrà trovare tramite semplice ricerca per parola chiave (es. Mariateresa Battaglino) nella parte dedicata ai fondi già riordinati.
[14] Cristina Cappelli e Mariateresa Battaglino, A cura di. Narrazioni e pratiche di lavoro sociale, Cartman, Torino, 2008, citazione tratta da https://ateliervantaggiodonna.wordpress.com/who-we-are-2/mt/.
Cronologia
a cura di Marina Brondino
1936
Mariateresa Battaglino nasce a Bra (Cn) il 17 febbraio
1955
consegue la maturità al liceo classico di Bra
1959
completa il corso di studi presso la Scuola di Servizio Sociale di Torino
1960
inizia a lavorare per la Provincia di Torino
1960-1964
partecipazione all’avvio dei centri di salute mentale per la Provincia di Torino
1964-1965
progetto di sviluppo comunitario in Sicilia sui temi dell’acqua e delle strutture sanitarie di base
1967-1972
a Torino progetto/ricerca con l’Ispes per l’integrazione degli immigrati dal Sud Italia con attività di educazione degli adulti e azioni/ricerche partecipate sulle tematiche della salute e istruzione
1969
ricerca sui modelli di riferimento della cultura giovanile in aree marginali del tessuto urbano torinese con il Ministero di Grazia e Giustizia
1969-1972
partecipa a diversi stages di formazione sulle metodologie della educazione degli adulti in ambiti comunitari in Francia presso le Università di Montpellier e Caen
1969-1974
insegna politica sociale presso la Scuola Superiore per Assistenti Sociali di Torino
1970
insegna a un corso di formazione per insegnanti di scuola media a Gassino Torinese sulle tematiche dell’integrazione socio-culturale
1970-1971
partecipa a corsi: sulla ricerca e i servizi sociali presso l’Università di Torino, Facoltà di Scienze Politiche; sull’educazione degli adulti presso il Ministero della Pubblica Istruzione
1972
partecipa a un seminario di sociologia urbana a Parigi presso l’École des hautes études en sciences sociales
1976-1977
monitore in gruppi di formazione alla Scuola per infermieri psichiatri degli Ospedali Psichiatrici della provincia di Torino
1977 – inizio anni ‘90
collabora alla programmazione, anche attraverso il Coordinamento Torino Progetto, di servizi alternativi alle istituzioni psichiatriche e al superamento degli Ospedali Psichiatrici con la creazione di servizi territoriali, la costituzione di cooperative di lavoro, l’associazione di utenti per l’autogestione di servizi, l’analisi istituzionale e di gestione delle risorse
1981-1983
partecipa a due corsi sulle metodologie dello studio d’impatto antropologico e sociale dei processi di trasformazione sociale a Parigi presso l’École des hautes études en sciences sociales
1982
creazione dell’Associazione Produrre e Riprodurre, centro di ricerca intorno all’analisi di genere, delle tematiche del lavoro e dello sviluppo
(con la quale contribuirà, nel corso degli anni successivi, a iniziative di formazione, di solidarietà in rete con gruppi autogestiti di donne e per la costruzione di una rete Donne/Mediterraneo, alla realizzazione del Centro Interculturale delle donne)
1983 e 1987
insegna a un corso di formazione per operatori di appoggio alla riabilitazione di pazienti psichici
1987-1988
missione in Niger
1987-1995
missioni in Mali e Senegal
1989-1993
partecipa alle Journées de Psychiatrie – Folies au féminin di Algeri. Nell’edizione 30-31 ottobre 1993 è relatrice con un intervento intitolato Le quotidien: terrain de vie et d’élaboration sociale
1990
il 20 settembre si dimette dalla Ussl 24 della Regione Piemonte.
dall’inizio degli anni ’90 si dedica a consulenza presso cooperative di servizi;
fonda la società Formazione Ricerche Economiche Sociali FoRES con Simone Maggiora;
si occupa di ricerca e sviluppo di iniziative nel campo della mediazione interculturale;
collabora attivamente alle iniziative del Cospe Cooperazione per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti, si dedica a consulenza in qualità di esperta di problemi di sviluppo comunitario e problematiche femminili nella cooperazione internazionale ed è promotrice delle prime discussioni pe la realizzazione di un Centro interculturale delle donne a Torino per creare, attraverso il lavoro e iniziative economiche autorganizzate, comunicazione e integrazione sociale;
1990-1994
svolge attività di sostegno formativo per i soci della Cooperativa Progetto Muret
1991
collaborazione con la Commissione Pari Opportunità della Regione Piemonte alla preparazione di un corso di formazione al lavoro sociale rivolto a donne migranti organizzato dall’Enaip;
realizzazione dell’iniziativa La Nuova Africa (Reseau 1841, rete di donne di paesi francofoni)
1992
responsabile del coordinamento didattico, per conto dell’Associazione Produrre e Riprodurre, per un corso organizzato dal Comune di Torino rivolto alla formazione di mediatrici culturali;
ricerca storiografica partecipata con i soci della Nuova Cooperativa, cooperativa integrata di Collegno (To)
1993
partecipa alla nascita del Centro Interculturale delle donne Alma Mater
1994
collabora all’organizzazione del corso Now per la creazione di imprese femminili ad alta valenza sociale
1994-1995
tiene corsi di formazione per operatori pubblici che lavorano con stranieri (Livorno)
1995
tiene seminari di formazione per volontarie e operatrici dei centri contro la violenza (Bologna, Firenze);
indagine commissionata dal dipartimento di Scienze sociali dell’Università di Torino sul tema donne svantaggiate e nuove povertà
1995-1998
ricerca – azione sull’immigrazione femminile in Toscana
1995-2002
organizza e tiene corsi per mediatrici culturali in Toscana, Emilia Romagna, Veneto
1996
partecipa attivamente al Forum nazionale “Migranti e native, cittadine del mondo”, Torino 22-24 marzo
1998-2000
progetti del Dipartimento di Salute Mentale di Livorno
1998
missione in Mali
1999
Contribuisce alla creazione di Atelier Vantaggio Donna, nella provincia di Siena, per la costruzione di una più ampia cittadinanza femminile nella realtà locale e in collegamento con esperienze di empowerment femminile a livello nazionale e internazionale. Sul sito dell’Associazione è riportata una breve autopresentazione di Mariateresa in cui afferma “Ho scelto di correre l’avventura di Atelier Vantaggio Donna come contesto pluriprofessionale che mi consente di valorizzare la mia esperienza di donna e continuare a coniugare impegno politico e trasformazione sociale con gli occhi delle donne” (https://ateliervantaggiodonna.wordpress.com/who-we-are-2/ ultimo accesso febbraio 2017)
1999-2000
progetto Agopolis;
progetto formativo per il Consorzio intercomunale dei servizi alla persona Comuni di Collegno e Grugliasco Cisap
1999-2010
progetti di sostegno allo sviluppo nella regione della Zadrima in Albania e realizzazione di un Centro donna a Scutari
fine anni ’90 – anni 2000
si occupa di ambiente, alimentazione, territorio;
Erbandando;
Mercatale
2000
missione in Mali
2002
partecipa alla missione Algeri Darna Rachda Centre d’accueil des femmes victimes du terrorisme
2002-2006
partecipa a progetti e ricerche con il Laboratorio Punto di Partenza, in particolare sul lavoro di cura nel territorio senese
2003
ricerca-azione sui bisogni della popolazione femminile dei Comuni di Collegno e Grugliasco
e sulla professionalità dell’assistente domiciliare nella rete dei servizi del territorio;
partecipazione all’iniziativa Femmes et économie solidaire
2003-2006
organizzazione e gestione corsi di formazione sul lavoro di cura e sulla professionalità dell’assistente domiciliare nella rete dei servizi del territorio in Toscana
2004-2008
partecipazione al programma di iniziativa comunitaria Equal Pist Progetto di Promozione e Impresa Sociale Toscana sud
2005-2006
partecipazione al progetto Donne in marcia, Dones en Marxa, Dones en Xarxa. Scambio tra Associazione Erbandando e le donne del Valles Orientale e del Gallecs
2006-2007
organizzazione e partecipazione di iniziativi e progetti contro la violenza, tra cui il convegno “Per rompere il silenzio”, Poggibonsi (Si), 27 marzo 2007