Fondo Michela Pachner
Inventario a cura di Federica Tammarazio
Versione integrale dell’inventario (2019)
INTRODUZIONE ARCHIVISTICA
Il fondo Michela Pachner è costituito da un nucleo di materiale documentario estremamente eterogeneo, costituito da ventuno unità archivistiche di cui venti raccolte di memorie (definiti diari dall’artista) e una pubblicazione, lasciati in deposito all’amica Ferdinanda Vigliani, fondatrice del Centro Studi e Documentazione del Pensiero Femminile di Torino, intorno al 1998, poi ripresi e rimanipolati fino al 2009.
Il fondo è parte di un eterogeneo archivio documentario conservato dagli eredi di Michela Pachner.
I diari sono costituiti da raccoglitori ad anelli, organizzati dall’artista per processi narrativi autobiografici, legati alla sfera della produzione creativa e delle relazioni familiari. Le due direzioni non hanno tuttavia filoni autonomi, per i quali si può intravedere una dimensione archivistica personale e, separatamente, una professionale, ma sono intrinsecamente unite l’una all’altra, secondo una modalità linguistica tipica di Michela Pachner. Il binomio arte-vita si esemplifica nella corrispondenza affettiva con le nipoti Martina e Anna, ma anche con la ripetizione, quasi ossessiva, dei documenti significativi, che vengono replicati in fotocopie e posti più volte nei diari, a costituire un riferimento narrativo che travalica il contenitore e unisce, con un fil rouge, l’intero corpus documentario.
I diari costituiscono pertanto un vasto spaccato narrativo in prima persona del lavoro di Michela Pachner e delle revisioni critiche che l’artista stessa ne ha dato nel corso della sua esistenza. Una delle caratteristiche più evidenti è infatti la presenza di copie documentarie utilizzate come supporto per esprimere riflessioni sul mondo dell’arte contemporanea, sul “sistema torinese” dell’arte nato alla fine degli anni Sessanta, sul rapporto tra artisti e musei, galleristi e pubblico.
La cronologia del fondo è estremamente complessa da definire, sia per l’uso della fotocopia come strumento espressivo, sia per la presenza di una eterogeneità di documenti appartenenti a differenti periodi del vissuto dell’artista.
Inoltre è peculiare la tipologia del mezzo fisico adottato per la creazione di diciotto dei venti diari: Michela Pachner ha infatti utilizzato altrettanti raccoglitori ad anelli, personalizzandoli con collage, inserti fotografici, applicazione di pigmenti in gocciolature dense e a rilievo. I raccoglitori contenevano i documenti posti in buste cristal secondo un preciso ordine di impaginazione, che indicava il senso narrativo del contenuto.
Per tale motivo, e al fine di conservare correttamente il fondo, si è optato per un condizionamento in sicurezza, realizzato nel 2016 da Marina Brondino1, estraendo i documenti dalle buste cristal che costituivano le pagine dei diari, e ordinando le singole unità documentarie, le quali sono successivamente state numerate in basso a destra con la specifica recto-verso, rigorosamente secondo il criterio della sequenzialità narrativa voluta dall’artista.
Sempre nell’ottica di una corretta conservazione dei diari, si è scelto di separare le unità archivistiche dai raccoglitori, organizzando quindi il materiale in faldoni omogenei dall’1 al 6 per la conservazione delle 21 unità archivistiche e dal 7 al 12 per la conservazione dei raccoglitori.
In essi infatti sono conservati fotografie, lettere manoscritte e dattiloscritte, disegni, collage, ritagli stampa, cataloghi delle mostre in originale e fotocopia, secondo una selezione e una volontà narrativa espressa da Michela Pachner tanto nell’atto di produrli e rielaborarli infinite volte, quanto nell’atto di consegnarli a Ferdinanda Vigliani perché fossero conservati; oggi, essi sono il corpus documentario del Fondo Michela Pachner dell’Archivio delle Donne in Piemonte (da qui ArDP).
L’ArDP è un’associazione culturale senza fini di lucro, che ha come scopo la conservazione e la valorizzazione degli archivi prodotti da enti e persone appartenenti ai movimenti delle donne attivi in Piemonte.
Dal 2016 l’ArDP, la Casa delle donne di Torino e il Centro studi e documentazione pensiero femminile hanno costituito la Federazione Láadan, Centro culturale e sociale delle donne, in cui sono confluiti il patrimonio archivistico e bibliografico delle associazioni nella sede di via Vanchiglia 3 a Torino.
1 A questo proposito si rimanda alla descrizione dell’intervento
Tipologia: Fondo documentario
Cronologia: 1935-2009
Consistenza: 21 unità archivistiche, di cui 20 diari conservati inizialmente in
raccoglitori ad anelli o rilegati a spirale e 1 volume a stampa.
NOTA BIOGRAFICA DEL SOGGETTO PRODUTTORE
Michela Pachner (Fiorella Maria, Ma Anand)
Nata il 18 giugno 1926, primogenita di tre sorelle, in una famiglia di estrazione borghese di origini ungheresi (il padre era medico chirurgo, poi ortopedico a Genova, la madre Attilia coltivava le arti e in particolare la pittura), iniziò in giovanissima età a dipingere, iscrivendosi al Liceo artistico di Genova, città in cui la famiglia si era trasferita nel 1940. Con lo scoppio della guerra i Pachner sfollarono a Monteu Roero e qui la giovane Fiorella frequentò la pittrice Evangelina Alciati, che divenne la sua prima maestra e nella quale rivedrà, per tutta la vita, un riferimento imprescindibile. Subito dopo la seconda Guerra Mondiale si iscrisse all’Accademia Ligustica di Genova, dove conobbe e frequentò Eugenio Carmi, Emilio Scanavino e il professore di storia dell’arte Giannetto Fieschi.
Nel 1947 iniziò a frequentare i corsi presso la scuola di Composizione pittorica di Felice Casorati, nei celebri spazi di via Mazzini a Torino. Questa esperienza non lascerà una traccia forte nella crescita espressiva dell’artista, che nei primi anni Sessanta prenderà tutt’altra direzione.
Michela Pachner espose per la prima volta alla mostra del concorso Arti figurative (Genova, Palazzo Bianco, 12-20 dicembre 1949), insieme al fidanzato Giovanni Pron, che avrebbe sposato l’anno successivo. Dai due nascerà il figlio Luca.
Negli anni Cinquanta firmò cataloghi e mostre utilizzando il doppio cognome “Pron Pachner”.
Dopo una fase di ricerca e studio, negli anni Sessanta si avvicinò alla scultura, realizzando la serie degli Acciai, che ottennero un certo successo nell’ambiente sperimentale torinese, estremamente internazionale e dal quale sarebbe nato il gruppo dell’Arte Povera, proprio intorno alla galleria Christian Stein, in cui fino ai primi anni Settanta Michela Pachner espose in occasione di varie collettive.
Trasversalmente, per un lungo periodo della propria esistenza, realizzò i pannelli fieristici per la ditta Cromoflex, produttrice di lamé, materiale estremamente utilizzato anche nella creazione della serie dei plexigass. Nel corso di tutta la sua esistenza rimase una forte amicizia con il proprietario, marito della nipote.
Alle metà degli anni Settanta l’artista maturò la separazione dal sistema dell’arte torinese, nel quale Michela Pachner non sentiva la libertà necessaria alle proprie scelte espressive. Da questo momento si aprì una nuova fase, in cui alla sperimentazione artistica si unirono le ricerche in vari ambiti, in particolare legati alla sfera del comportamento.
Tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, dopo un percorso breve e travagliato come arteterapeuta a Collegno, Michela Pachner si avvicinò alla filosofia di Osho Rajneesh, frequentando con assiduità la comunità indiana e internazionale che si era creata intorno alla sua figura: fino agli anni Duemila si ripeteranno i viaggi a Poona e Goa e negli Stati Uniti.
Ne 1986 nacque la nipote Martina, che divenne destinataria di una grande quantità di missive e testi in forma diaristica, veri e propri flussi di coscienza in cui l’artista raccontava se stessa, le proprie azioni e scelte alla nipote.
Tra gli anni Ottanta e Novanta presero forma anche le esperienze del Laboratorio della norma, la sua casa-studio sulla collina di Torino, in cui non esisteva distinzione tra lo spazio del quotidiano e quello della creazione.
Contemporaneamente Michela riallacciò i rapporti amicali con Ferdinanda Vigliani, fondatrice del Centro Studi e Documentazione del Pensiero Femminile di Torino, conosciuta nell’ambito del collettivo di rivolta femminile torinese. Da questo legame nel 1998 prese forma la donazione dei diciotto diari al Centro studi (ora confluiti nell’Archivio delle Donne in Piemonte ArDP), a cui fece seguito la partecipazione di Michela Pachner alla giornata di studi Memorie disperse memorie salvate, organizzata nel 2007. Sono anni di profonda riflessione sul proprio vissuto, da cui emerge il grande legame che aveva legato una Michela Pachner giovanissima alla pittrice Evangelina Alciati, sentita come figura imprescindibile alla sua crescita professionale ed umana.
A questa prima donazione, Michela Pachner aggiunse nel tempo altri diari, fino al raggiungimento delle attuali 21 unità archivistiche, sempre secondo processi di deposito, ritiro, rielaborazione e restituzione dei documenti a Ferdinanda Vigliani con assoluta libertà.
Infatti negli ultimi anni Michela Pachner sente come istanza primaria il lavoro sulle proprie carte, che è un processo in continua evoluzione e mutazione e che rispecchia quel flusso creativo continuo di letture e riletture che caratterizza il sui intero percorso esistenziale, assoluto esempio di Gesamtkunstwerk (opera d’arte totale).