Archivio personale, archivio di movimento: il fondo Piera Zumaglino – Patrizia Celotto
La formazione e le caratteristiche del fondo Zumaglino sono strettamente legate alla vita di Piera Zumaglino e alla sua opera di conservazione di documenti che condusse in prima persona, con grande lungimiranza, affinché non si disperdessero le fonti per la memoria storica del movimento femminista e delle donne di Torino. In questa opera fu impegnata lungo tutto il corso della sua attività nell’ambito del femminismo torinese, fino ai primi anni Novanta (Piera scompare nel 1994).
Agli inizi degli anni Settanta aveva cominciato a partecipare ai primi gruppi del femminismo autonomo, come lei stesso lo definì (per distinguerlo da quello nato all’interno di gruppi più propriamente politici o del sindacato ). Successivamente si era impegnata sempre più intensamente – anche dal punto di vista organizzativo – nel movimento delle donne fino a diventare, nel corso degli anni Ottanta, una figura centrale. Viveva comunque il suo attivismo con un atteggiamento assolutamente laico e privo di retorica. In una breve nota autobiografica pubblicata nel 1985 per il secondo dei “Quaderni dell’Associazione “Livia Laverani Donini”, nel ricostruire in modo molto sintetico ma compiuto la sua storia politica fino ad allora, così scriveva:
“ Nata a Cortemilia nelle Langhe, amo girarle in bici e in vespa nell’estate. D’inverno faccio la femminista a tempo strapieno e continuerò finché mi diverto. Ho cominciato nel ’73 con Alternativa Femminista, poi nel ’74 con Intergruppi e il Gruppo del Sabato (pratica dell’inconscio); nel ‘74-75 Coordinamento dei Consultori, Gruppo storico, e finalmente la redazione del Bollettino delle Donne. Dal ’79 sto alla Casa delle Donne, faccio parte di Produrre e Riprodurre, e ultimamente ho preso a viaggiare per il Coordinamento dei centri di Documentazione e per il Network europeo delle donne”.
Questa nota è assai significativa perché, restituendoci il tratto ironico della sua personalità, non solo ci dà l’idea della molteplicità di ambiti in cui era attiva ma ricostruisce anche un pezzo della storia del movimento femminista a Torino.
Malgrado il tono quasi scanzonato con cui descrive il suo impegno, Piera era totalmente coinvolta nel movimento delle donne: tutta la sua la sua vita ne era pervasa. All’esistenza e alla vitalità del movimento attribuiva un’importanza decisiva, tanto da adoperarsi intensamente, a tempo pieno, per costruire e mantenere legami che collegassero le sue diverse componenti.
Nella metà degli anni Settanta Piera aveva fondato, con altre compagne, il “Gruppo storico di ricerca sul femminismo” con lo scopo di ricostruirne le origini a Torino. Era un momento di transizione, quello, poiché i primi gruppi storici del femminismo si stavano sciogliendo mentre, con l’entrata in scena delle esperienze del femminismo sindacale e politico, il movimento stava assumendo dimensioni sempre più allargate. Piera era preoccupata che la memoria storica di quanto era stato precedentemente venisse dispersa o non considerata.
Insieme alla cura delle relazioni Piera si dedico perciò anche alla cura della memoria storica come fonte di riconoscimento reciproco tra generazioni di femministe.
Nel secondo numero del Bollettino delle Donne – rivista da lei fondata con altre nel 1978 – avviando il primo resoconto del lavoro di ricerca del Gruppo storico sul Femminismo nella rubrica intitolata “Come siamo nate”, (che aveva lo scopo, come è scritto nella premessa, di “dare un’idea di massima alle donne che si accostano adesso al femminismo, di quali siano state le sue vicende nella nostra città”) Piera così scrive:
“C’era una volta una città di Torino senza Donne. – scrive – O meglio c’erano tante donne, Cappuccetto Rosso sperdute nel bosco che non si conoscevano le une con le altre e si cercavano. Perché si cercassero e per fare cosa non lo sapevano con precisione, però avevano incominciato a incontrarsi e questo era importante, perché fino ad allora quelle che si ribellavano alla propria condizione di donna – ed erano tante – non pensavano fosse possibile mettersi insieme per cercare di cambiare le cose e restavano deboli e isolate nella loro rivolta individuale. Anche il patrimonio di lotte del primo femminismo e poi le lotte delle donne nella resistenza e durante il secondo dopoguerra sembravano dimenticate o messe in secondo piano.”
Ciò da cui mosse quindi la sua opera di “salvataggio della memoria”fu la preoccupazione che la perdita di memoria di quanto fatto in precedenza dalle donne generasse disgregazione e isolamento. A questo si aggiunsero una grande sensibilità per la storia e la certezza che le donne, allora, stavano scrivendo nei fatti una pagina di storia originale, da protagoniste, che doveva essere narrata.
Il rischio della dispersione delle tracce di quanto i gruppi femministi avevano fatto o andavano facendo, proprio nel momento di maggiore espansione e visibilità del movimento, era reale.
Il movimento era per sua natura un soggetto composito, mutevole e discontinuo e i molteplici gruppi e collettivi che lo costituivano erano impegnati a vivere intensamente il presente, il “qui e ora”, piuttosto che preoccupati di trasmettere memoria e tradizione: conservazione non era certo un termine popolare allora! Gruppi e collettivi femministi avevano caratteristiche del tutto fluide dalle denominazioni provvisorie, talvolta indeterminate e generalmente avevano sede nelle case private. Dominava l’insofferenza per ogni forma di istituzionalizzazione. Mancava inoltre un centro comune di riferimento. Ma anche quando ci fu, con la Casa delle Donne, agli inizi degli anni Ottanta, non vennero meno queste caratteristiche di provvisorietà e fluidità che tuttavia costituivano anche la vitalità di un soggetto continuamente in divenire.
Piera si assunse in prima persona il compito di raccogliere e conservare, nella sua casa, quanti più documenti poté, divenendo quasi una sorta di depositaria della memoria storica collettiva.
Questo ruolo le veniva riconosciuto anche grazie alla straordinaria sapienza che aveva nel tessere e mantenere rapporti, alla capacità di essere trasversale a diversi ambiti del femminismo e non solo, qualità che la portarono, negli anni, ad avere una vasta rete di relazioni amicali e politiche non solo in ambito cittadino ma anche nazionale e internazionale.
Grazie a questa sua posizione, Piera trovò la disponibilità di diverse donne ad affidarle materiali che avevano a loro volta raccolto a seguito delle proprie esperienze e dei rapporti intrattenuti con altri gruppi femministi in Italia o all’estero.
Con annotazioni manoscritte Piera aveva cura di indicare la provenienza dei documenti ricevuti o di circostanziarli: un nome, una data quando – molto spesso – mancava, una esplicitazione di denominazione quando le firme dei volantini erano particolarmente indeterminate. Anche questo suo intervento rappresenta una restituzione di memoria, se pensiamo che diversi materiali prodotti dal femminismo sono contraddistinti da indeterminatezza di luoghi, di date e di firme…
Quello che Piera stessa denominò “archivio storico del movimento femminista torinese” si è formato perciò sia tramite sua raccolta diretta, sia mediante le donazioni di altre donne ed è costituito, per grande parte, da 82 dossier originali, da lei ordinati e organizzati secondo criteri cronologici e tematici in funzione della ricostruzione storica della nascita e sviluppo del neofemminismo a Torino nella prima metà degli anni Settanta (pubblicata postuma nel volume Femminismi a Torino, per l’editore Angeli, nel 1996). Vi è poi una sezione di 50 faldoni che raccolgono i documenti successivamente riordinati nel 2000. Una terza sezione è costituita da una cospicua raccolta di periodici, parte dei quali anch’essi affidatale a da altre donne.
All’interno del fondo possiamo trovare documenti appartenenti alle tipologie più varie: volantini, ritagli di giornale, opuscoli, minute, lettere, documenti amministrativi, atti di convegni, relazioni, verbali, indirizzari, trascrizioni di interviste, legati alla vita e all’attività di collettivi e gruppi femministi, associazioni femminili e femministe in un periodo che va dal 1970 al 1993.
Queste carte documentano in primo luogo le attività e le vicende di gran parte dei primi gruppi del femminismo torinese e dalla loro rete di rapporti: dal Collettivo delle Compagne, al gruppo Alternativa Femminista, dal collettivo di via Petrarca, al collettivo di via Lombroso, dal gruppo Io sono curiosa al Gruppo femminista autonomo del Manifesto …Sono presenti inoltre i documenti legati, successivamente, alla vita della Casa delle Donne e alle vicende del movimento delle donne a Torino lungo il corso degli anni 80 fino ai primissima anni Novanta: dalla campagna a sostegno della legge 194 minacciata dal referendum abrogativo, al grande convegno Produrre e Riprodurre, fino al nascere di tante associazioni… Fra le altre, è conservata la documentazione pressoché completa dell’attività del Gruppo storico di ricerca sul femminismo con i verbali delle riunioni e le trascrizioni delle interviste effettuate alle protagoniste come base per la ricostruzione storica.
Ma accanto alle carte “del movimento” troviamo anche tutte le carte personali che Piera ha lasciato e che sono inerenti alla sua vicenda umana e alla sua vita intellettuale, ai molteplici interessi e ai suoi studi: gli scritti giornalistici, i materiali di studio per sua tesi di laurea, gli scritti autobiografici, i diari e le lettere, tutti in gran parte strettamente collegati al suo impegno nel femminismo.
Il fondo Zumaglino è dunque un archivio composito e complesso sul quale si possono compiere diverse letture: per le modalità con cui si è formato, per i diversi piani che lo connotano e per i ruoli diversi che Piera gioca in esso.
Per la forte intenzionalità da cui ha avuto origine e la continua presenza della sua Autrice è certamente un archivio personale. Tuttavia, per la forte intenzionalità di essere un deposito di memorie collettive è anche, a pieno titolo, un archivio del movimento femminista torinese, del quale documenta evoluzione e modalità di espressione, ai soggetti protagonisti del quale – i singoli gruppi, le singole donne – restituisce individualità.
Archivio personale e archivio di movimento dunque: anche per l’intreccio costantemente presente tra storia personale e storia politica che, per Piera Zumaglino, fu “di movimento”.
Abstract:
Fin dai primi anni Settanta, nel momento di maggiore espansione e visibilità del movimento femminista, quando per tante era preminente l’urgenza di vivere il presente, Piera Zumaglino, figura centrale del femminismo torinese, mossa dalla sua grande sensibilità per la storia si adoperò per radunare e conservare quanto più poté i documenti prodotti dai vari gruppi e collettivi femministi che rischiavano la dispersione, con grave pregiudizio della possibilità di conservare le fonti per la memoria e la storia di quanto era stato.
La presenza nell’archivio da lei lasciato di molti documenti provenienti da ambiti diversi da quelli in cui si trovava solitamente ad operare, affidati spesso da altre donne per essere conservati, testimonia il ruolo particolare, di quasi depositaria della memoria storica collettiva, che lei assunse nel movimento femminista torinese.
Il fondo Zumaglino, che accoglie anche tutte le carte personali di Piera, presenta perciò la duplice caratteristica di archivio personale e archivio collettivo, di movimento.
Patrizia Celotto lavora in una biblioteca scolastica. Dalla fine degli anni Settanta è impegnata nel femminismo e nel movimento delle donne, in particolare alla Casa delle Donne di Torino, dove è attiva dal punto organizzativo e politico. Nella metà degli anni Novanta ha fondato con altre l’Associazione Piera Zumaglino che si è presa cura dell’archivio lasciato da Piera Zumaglino e della pubblicazione del suo libro Femminismi a Torino. E’ socia fondatrice dell’Associazione Archivio delle Donne in Piemonte.