Carte di donne nell’archivio ligure di scrittura popolare – Laura Rossi

L’Archivio Ligure della Scrittura Popolare (Alsp) è sorto nel 1986 presso il Dipartimento di Storia moderna e contemporanea dell’Università degli studi di Genova, allo scopo di raccogliere carte di natura privata prodotte da gente comune. L’esistenza dell’Archivio e la sua proiezione sul territorio hanno consentito la salvaguardia di documenti per loro natura deperibili, spesso destinati alla distruzione o al circuito antiquario. In questi vent’anni di presenza, l’Alsp ha stabilito contatti con altri centri di ricerca e ha visto formarsi un gruppo di lavoro che consente l’acquisizione costante di materiale. Le scritture popolari permettono un approccio alla storia che mette in primo piano il punto di vista e l’esperienza degli attori minimi: i migranti, sospesi tra le tradizioni di partenza e le culture di accoglienza, i soldati contadini coinvolti nella moderna guerra industriale e di massa.[1] Queste carte ci informano sui processi di diffusione di massa della scrittura fra le classi popolari, consentendoci di approfondire i tempi, i modi, le motivazioni e le conseguenze dell’accesso dei ceti illetterati alle concrete pratiche della scrittura. Fenomeno, questo, che tra Ottocento e Novecento registra un’importante accelerazione, dovuta alla necessità degli individui di tenere insieme e ricucire i legami e le relazioni lacerati dai processi migratori e dalle guerre, e che accompagna trasformazioni modernizzanti quali il tramonto del mondo contadino e l’avvento della società di massa.[2] Il copioso materiale ritrovato ha messo in luce l’ampiezza di quella fascia intermedia compresa tra la piena competenza grafica e l’analfabetismo totale, rivelandoci un universo popolato di individui che sembrava destinato a rimanere nell’anonimato.[3]
L’Archivio, attualmente, conserva circa 250 unità archivistiche schedate che costituiscono un patrimonio documentale complessivo di circa 45.000 carte; 50 di queste unità archivistiche contengono carte di donne.[4]
I documenti sono suddivisi in sezioni tematiche (Grande Guerra, Seconda Guerra, Emigrazione, Amore, Misto) che a loro volta comprendono le diverse tipologie testuali: diari, memorie, autobiografie, epistolari, libri di famiglia, ricettari, libri di conti. Da qualche anno, un nuovo filone di ricerca ha fatto confluire in archivio materiale buona parte del quale risalente al periodo fascista: è il Fondo Scuola composto da numerosi quaderni (circa 700, metà dei quali scritti da bambine), diari di studenti, alcuni diari di maestre.Nella sezione dedicata alla Grande Guerra, sono numerose le lettere di contadine, mogli, fidanzate e sorelle di soldati al fronte che narrano l’esperienza della società in guerra dal punto di vista delle donne impegnate ad assicurare cibo e serenità ai figli, rassicurare mariti al fronte della loro fedeltà e fronteggiare lo sguardo non sempre amichevole della comunità circostante. La sezione Seconda Guerra mondiale, ricca di epistolari, diari e memorie, si presta bene alla ricostruzione del vissuto femminile e ad una lettura di genere. E’ il caso della raccolta di 400, fra lettere e cartoline (Fondo Miss Sorriso) che una giovane partecipante del concorso di bellezza Miss Sorriso riceve – per lo più da soldati, soprattutto marinai, che chiedono alla giovane donna di diventare la loro madrina di guerra – dal momento della pubblicazione della sua fotografia sul settimanale “Tempo” (novembre 1940) al 1943. Infine, la sezione Emigrazione contiene fondi a “più voci”: giovani e anziane, donne rimaste a casa e donne partite, mogli  o madri che raggiungono i mariti o i figli.
Un fondo particolare per le circostanze di produzione è formato dai messaggi lasciati in piazza Alimonda a Genova dopo la morte di Carlo Giuliani, avvenuta il 20 luglio 2001 durante il G8.[5] La maggior parte di questi sono stati depositati da donne: adolescenti e adulte di diversa provenienza geografica e sociale che hanno testimoniato su vari supporti la propria passione civile e politica, l’incredulità, la rabbia e il dolore per l’uccisione di Carlo, ragazzo. Molte donne e madri comunicano messaggi di dolore rispecchiandosi in un doloroso ruolo materno.  Piazza Alimonda è diventata luogo di costruzione di un’identità collettiva di un movimento che “si rappresenta come un incontro di tante individualità che vogliono riconoscersi, ma non dissolversi in una collettività”.[6]
Da un paio d’anni il gruppo di lavoro e di ricerca dell’Alsp sta cercando di innovare dal punto di vista informatico l’organizzazione dell’archivio.[7] Le relazioni internazionali istituite con altre realtà hanno accelerato un progetto di digitalizzazione dei documenti e di costruzione di un database consultabile in rete, tramite il programma opensource “Dspace”.[8] Attualmente sono stati riversati 69 fondi per un totale di circa 14.500 carte.

Nuovi e vecchi ruoli. Il diario di una crocerossina nella Grande Guerra
Un caso interessante è rappresentato dal ricchissimo fondo della famiglia Mazzoni, che copre gli anni dal 1900 al 1920, in gran parte composto da lettere e cartoline inviate durante la Grande Guerra (per un totale di più di 620 missive), cui si deve aggiungere un diario di 28 pagine scritto dalla figlia Lina durante due mesi della sua attività di crocerossina.[9]
Quella dei Mazzoni era un’agiata famiglia borghese residente ad Ancona, composta dai genitori – il padre Giuseppe, professore di lettere e poi preside, la madre Francesca con il diploma di maestra – e da cinque figli. Genitori e figli, all’interno di una cornice molto religiosa, vissero esperienze di dinamismo e di apertura alla modernità: frequentavano spesso il cinematografo e il teatro, mentre le figlie erano molto impegnate nell’attività sportiva. Allo scoppio delle ostilità, tutta la famiglia fu coinvolta nell’evento bellico. All’interno di questa mobilitazione familiare, le due sorelle Olga (1892) e Lina (1894) compirono la scelta, spronate dai genitori, di prestarsi come infermiere trascorrendo molti mesi sui treni ospedale. Il patriottismo retorico di cui si erano nutrite lasciò presto spazio alla registrazione della sofferenza e della distruzione che si andavano compiendo sui campi di battaglia. Le sorelle Mazzoni parteciparono, come tantissime altre donne, al lutto della patria attraverso la loro opera di cura e assistenza.[10]
Le lettere testimoniano il tipo di attività, spesso frenetica, svolta dalle infermiere sui treni-ospedale. Olga in una lettera alla madre narra:
[…]abbiamo avuto feriti nel nostro treno per 29 ore, e il lavoro, benché forte, non è del resto eccessivo specialmente per me e Lina. Il più sta nella gran distanza; pensate che il treno è lungo 350 metri e che quando ci sono i feriti si percorre centinaia di volte da capo a fondo. […] Abbiamo sentito le cannonate vicinissime ma non ci siamo turbate affatto[…].[11]
Questa lettera, oltre a restituirci un affresco dal vivo del lavoro delle donne sui treni-ospedale, testimonia anche quanto queste attività fossero importanti per la costruzione della soggettività femminile. La ragazza scelse di aderire al modello di donna forte, utile alla grandezza della patria. Le espressioni che minimizzano la fatica e la paura non sono da imputare alla preoccupazione di rassicurare la madre, ma ad un’autoaffermazione della propria soggettività attraverso immagini di forza tratti da un repertorio arcaico.[12]
È altresì testimoniata anche l’importanza che riveste il riconoscimento sociale della loro opera: “Come fa bene il sentirsi amate e stimate!”.[13] Infatti, le attività femminili, tradizionali in tempo di pace, in guerra assumono una nuova valenza politica nel momento in cui consentono alle donne la sperimentazione di un nuovo senso di appartenenza alla comunità.[14]
Sono esperienze che permettono alle donne occasioni di incontro con uomini di classi sociali diverse; scrive, a proposito, Lina nel suo diario:
Per il corso mi sento salutare cordialmente: mi volto: è un operaio con il braccio al collo che ho curato all’Ospedale civile: è il vetturino che stava al letto Num. 21 e che ho trovato sempre così buono e affettuoso. Io lo fermo, chiedo notizie del suo braccio, e avevo sentito ch’è quasi guarito, gli faccio i miei rallegramenti e i miei auguri. Egli saluta e mi stende la sua mano d’operaio ed io la stringo commossa. Nel suo sguardo c’è tanto affetto e tanta riconoscenza! […].[15]

Amore e politica. Un epistolario del dopoguerra
Rosy e Tonino, entrambi nati nel 1931, si erano conosciuti durante le vacanze che lui, giovane operaio genovese, aveva trascorso presso i parenti, a Sarsina, nel luglio-agosto del 1951. Al ritorno dal soggiorno romagnolo Tonino scrisse a Rosy la sua prima lettera, la prima di 300 fitte e lunghe missive scritte durante i due anni che precedettero il matrimonio, avvenuto a Sarsina nel settembre del 1953.
Tonino era originario di Genova; ottenuto il diploma di computista prestava lavoro come operaio in un grande stabilimento siderurgico, la SIAC di Campi. Era anche iscritto al Pci; un militante attivo, appassionato. Rosy, che si dichiarava fervente cattolica, aveva frequentato le scuole elementari e faceva la commessa nella farmacia del paese.
La ricchezza dei riferimenti delle lettere alla vita nazionale permette di inserire agilmente questa microstoria all’interno di quella più generale del secondo dopoguerra. La lettura delle lettere ci rivela un mondo in cambiamento: un esempio è l’irruzione del telefono nell’epistolario, come nelle vite dei due. La necessità per gli innamorati di scrivere tutto ciò che facevano, nel tentativo di rendere più concreto il loro rapporto malgrado la distanza che li separava, ci rivela scene di vita quotidiana nell’Italia finalmente libera e democratica, le reti amicali e di parentela. La militanza di Tonino e le lotte per il posto di lavoro ci immergono nella vita politica dei lavoratori nei primi anni ’50. L’epistolario testimonia le tensioni, la vivacità e la partecipazione emotiva alla vita del Paese in ricostruzione: sono presenti affreschi della campagna elettorale contro la “Legge truffa” e sono registrati l’entusiasmo per la vittoria del fronte democratico ed il cordoglio per la morte di Stalin. Si possono incontrare dettagli sulla moda: Rosy non solo descriveva i vestiti che si confezionava dispensando consigli all’amato per i suoi acquisti, ma i due fidanzati sovente commentavano le fotografie allegate alle lettere. I fidanzati si scambiavano impressioni sui film e i libri; anzi, attorno alla lettura nascevano dei veri e propri dibattiti: se per Tonino si trattava di un modo culturalmente arricchente per trascorrere le ore “vuote” al termine del lavoro (sono presenti nel carteggio suoi piani di lettura e studio), per Rosy era un modo per tenersi piacevolmente occupata. Sono diverse le loro inclinazioni: Tonino leggeva, oltre alla stampa di partito, classici e saggi, Rosy preferiva i romanzi d’amore, possibilmente a lieto fine.
Questo epistolario è ancor più significativo per una lettura di genere del secondo dopoguerra italiano, innanzitutto per la sua tipologia: è un epistolario amoroso e l’amore è  un campo d’indagine di grande interesse e molto fecondo per lo studio delle relazioni di genere. Si possono ricostruire i passi che i due innamorati hanno compiuto, nel rispetto delle regole sociali e famigliari, dal momento della conoscenza al matrimonio: dichiarazione reciproca dei sentimenti e intenzioni; discussione di Rosy, supportata dalla sorella, con la madre; invio da parte di Tonino di una lettera al padre di Rosy, emigrato in Svizzera; ricevimento della lettera di approvazione paterna; visita dei due giovani alle famiglie; preparazione del matrimonio. Inoltre, tutto il carteggio è percorso dal confezionamento da parte di Rosy del corredo di sposa mentre Tonino si occupava della ricerca di una casa.
Gli scontri ideologici sulla concezione della vita in generale, i valori morali, la vita privata e quella pubblica, la concezione della famiglia e dell’amore e dei ruoli che entrambi avrebbero dovuto avere nella vita di coppia, sono a volte molto forti anche per la tempra dei due. In questo senso, stupisce particolarmente Rosy, dalle cui lettere traspare una ferma tenacia nell’affermazione della propria soggettività, spesso testimoniata dall’ironia con la quale talvolta rispondeva a Tonino, il quale, da subito, aveva instaurato con lei una relazione di tipo pedagogico sul modello del rapporto militante-partito, con l’obiettivo di insegnarle ad essere la perfetta moglie del comunista.
Rosy, assai decisa nel ribattere al fidanzato sulle questioni di fede, sembra molto pronta nell’approfittare degli strumenti culturali che Tonino le aveva messo a disposizione. Inoltre, seppur tendesse ad aderire, anche entusiasticamente, al ruolo di angelo del focolare che i tempi le assegnavano, sembra, più volte, ambire ad una relazione di coppia più libera e paritaria.
Tonino nel febbraio del ‘53 scriveva a Rosy dieci punti che lei avrebbe dovuto rispettare durante il matrimonio. Rosy, ironizzando, chiamava questi desideri “i dieci comandamenti”, li riprendeva ribattendoli punto per punto:
Risposta ai 10 comandamenti
I° quesito: Non mi comunicherò il giorno del / nostro matrimonio: Questo è un fatto che mi fa dispiacere, perché tu conosci le mie idee e quindi non occorebbero fare altri commenti, in quel giorno tanto bello dove per noi due inizierà una nuova vita, vorrei che Iddio fosse contento di noi e benedicesse l’inizio della nostra famiglia. Tu sai che sono profondamente radicata nelle mie convinzioni religiose, inoltre l’hanno fatto i nostri genitori e perché proprio noi non farlo? Bando ai tuoi pregiudizi o per meglio dir al X rispetto umano verso chi ti accompagnerà, poiché il nostro agire deve essere sempre indipendente da ciò che gli altri possono pensare e a volte criticare. Noi due soli formeremo il nostro mondo fatto di amore, di sentimenti equilibrati e le opinioni altrui non dovranno ombreggiare sui nostri ideali. Dunque ti prego di riflettere e di essere accondiscendente perché mi daresti dispiacere e non vogliamo a dover inceppare fin dall’ inizio ad ostacoli che in fondo sono cose che con buona volontà si possono superare benissimo. II° quesito: desidero che la tua assiduità alla chiesa sia per la domenica sola. Riguardo poi a questo, seguirò le mie vecchie abitudini e cioè una volta alla settimana. III° quesito: Il danaro ch’ io darò tutto a te, sarà sempre controllato, come le spese. Non vorrei che questa fosse una mancanza di fiducia, in me, sento fin d’ora tutta la responsabilità di una famiglia e pensare con quali sacrifici tu porti a casa la busta, mi atterrò infallibilmente alle norme della tua tirchieria…!?! rasserenati su questo punto. IV° quesito: Non pretendere di seguire la moda e di essere ambiziosa, poiché dovremo fare il passo come la gamba. Anche in questo sono d’accordo niente ambizioni, niente moda, vestirò anche alle foggia del secolo scorso, pur di piacere a mio maritino. Però tengo a precisare che se si dovrà fare il passo secondo la gamba, la mia allora è abbastanza lunga e quindi mi ci vorrà qualche suplemento, di quando in quando. V° quesito: Non rispondere maleducatamente; avere entrambi un contegno corretto, pudico, senza mancarci di rispetto e obbligarmi ad alzare le mani. Questo è quello che piace a me e pensavo già di proportelo innanzi tempo, però ci vorrà piena comprensione e pazienza l’uno per l’altro, perché nessuna al mondo impersona la perfezione. VI° quesito: Stare nella casa senza stringere relazioni con amiche e così via. Approvo a pieni voti. VII° quesito: non allontanarti da casa per andare a spasso…. poiché ti manderei veramente a spasso. Benissimo, uscirò con te e serena e felice aspetterò il ritorno ogni giorno. VIII° quesito: Sforzati di fare dei mangiari varrii e appetitosi. La mia arte culinaria ancora non è perfezionata, ma con tutta buona volontà cercherò di soddisfare le esigenze del tuo palato. IX° quesito: essere economica al massimo. Essere economica, già spiegato…. tirchione! X° quesito: non darmi dei bambini rossi. Caro non piacciono nemmeno a me e quindi se veranno la voglia non gliel’avrò fatta. Mi sembra d’essere intervenuta ad un convegno dei cinque, piuttosto interessante.[16]
Come si può percepire dalla lettura di questo frammento del voluminoso epistolario, Rosy utilizzava una buona dose di civetteria e di ironia per negoziare a suo vantaggio le regole sulle quali  i due avrebbero costruito la loro vita futura. La confidenza raggiunta dopo due anni di fidanzamento epistolare e qualche incontro permettevano alla giovane di abbandonare sia la rigidità con la quale inizialmente sosteneva le sue ragioni di fede, sia il senso di accettazione e inferiorità che al principio dimostrava all’uomo, più colto e istruito di lei.
Quelle qui brevemente tratteggiate rappresentano solo due delle numerose possibilità di conoscenza e di ricostruzione di un più completo quadro storico che ci offrono le storie di vita, le quali senza la cura di storici, ricercatori e studenti andrebbero incontro all’oblio.

[1]              Antonio Gibelli, Introduzione. Scritture e storie di gente comune, in Piero Conti, Giuliana Franchini, Antonio Gibelli (a cura di), Storie di gente comune nell’Archivio Ligure della Scrittura Popolare, Eig, Acqui Terme, 2002, pp. 6-8.
[2]              Ibidem.
[3]              Antonio Gibelli, C’era una volta la storia dal basso…, in Quinto Antonelli, Anna Iuso (a cura di), Vite di carta, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli, 2000, pp. 161-164. Per un approfondimento delle questioni rimando anche a Antonio Gibelli, Pratica della scrittura e mutamento sociale. Orientamenti e ipotesi, in “Materiali di lavoro. Per un archivio della scrittura popolare. Atti del seminario nazionale di studi di Rovereto 2-3 ottobre 1987”
[4]              Nella sede dell’Archivio, inoltre, sono aperte una biblioteca tematica con circa 450 volumi e una ricca sezione tesi di laurea sui temi delle testimonianze popolari, nonché inventari analitici dei materiali conservati.
[5]              Una selezione di materiale è stata pubblicata in Fabio Caffarena e Carlo Stiaccini (a cura di), Fragili, Resistenti, Terredimezzo, Milano, 2005.
[6]              Donatella Della Porta, Il movimento in piazza Carlo Giuliani, in Fabio Caffarena e Carlo Stiaccini, op. cit., p. 150.
[7]              E’ in corso di aggiornamento il sito www.alsp.unige.it
8]              Per ulteriori approfondimenti rimando a Carlo A. Gemignani, Eleana Marullo, Daniele Grignani, Sperimentazioni di catalogazione digitale di fonti documentarie e iconografiche, in “Reti Medievali Rivista”, n. 8, Firenze University Press, Firenze, 2007, www.retimedievali.it.
[9]              La storia della famiglia è stata ricostruita da Antonio Gibelli in, La Grande Guerra degli italiani 1915-1918, Sansoni, Milano, 1998, pp. 74-80.
[10]             Augusta Molinari, Donne e ruoli femminili nell’Italia della Grande Guerra, Selene Edizioni, Milano, 2008, p. 13.
[11]    Alsp, Fondo Mazzoni, Lettera di Olga alla madre, Genova 6 agosto1915. Qui, come di seguito e nelle note successive, la trascrizione ripropone fedelmente gli originali: le deviazioni ortografiche, grammaticali e sintattiche dalla norma sono degli scriventi.
[12]             Anna Bravo, Simboli del materno, in Anna Bravo (a cura di), Donne e uomini nelle guerre mondiali, Laterza, Roma-Bari, 1991, p.98.
[13]             Alsp, Fondo Mazzoni, Diario Lina Mazzoni, 22 ottobre 1915
[14]             Augusta Molinari, op.cit, p. 44.
[15]            Alsp, Fondo Mazzoni, Diario Lina Mazzoni, 30 settembre 1915.
[16]             Archivio Privato Rossi-Tonetti. Lettera 219 del 13 febbraio 1953 (Rosy a Tonino). Il Convegno dei cinque era una trasmissione radiofonica RAI di discussione e dibattito in onda nel dopoguerra. L’epistolario in esame, da me conservato, è stato oggetto della mia tesi di laurea discussa nel marzo 2005 (relatore prof. Antonio Gibelli): “Amore e politica. Un carteggio privato nell’Italia degli anni Cinquanta”.
 

Abstract:
L’Archivio Ligure della Scrittura Popolare nasce presso il Dipartimento di Storia Moderna e Contemporanea dell’Università degli Studi di Genova nel 1986 per il recupero e lo studio delle testimonianze scritte di gente comune, prodotte nei secoli XIX e XX. Le circa 30000 carte – diari, memorie, epistolari – organizzate in sezioni tematiche (Amore, Grande Guerra, Seconda Guerra, Emigrazione, Misto), e il cospicuo fondo scolastico (quaderni, diari di maestre e bambini), conservati all’ALSP, permettono di indagare i tempi e i modi dell’accesso alle pratiche di scrittura da parte dei ceti illetterati, offrono la possibilità di ricostruire contesti localizzati e verificare le generalizzazioni storiografiche studiando più da vicino e dal basso le vicende del nostro tempo; i diversi fondi, che presentano molte testimonianze di donne, si prestano ad una lettura dei processi e dei grandi eventi del Novecento in un’ottica di genere. Nel corso dell’intervento saranno brevemente illustrati alcuni fondi presenti in archivio che ritengo significativi come fonti per la storia delle donne e la storia di genere.

Laura Rossi. Nata nel 1978, iscritta alla Sis, si è laureata nel marzo 2005 in Lettere moderne con tesi di Storia contemporanea presso l’Università degli studi di Genova. Attualmente frequenta il secondo anno della Scuola di dottorato in Storia contemporanea presso l’Università degli Studi di Genova.