La memoria delle donne negli archivi piemontesi – Dora Marucco
(intervento alla giornata di studio “La memoria femminile negli archivi del Trentino Alto Adige” Trento 7 dicembre 2007)
L’iniziativa per la creazione di un Archivio delle donne in Piemonte è stata avviata da un Comitato promotore, costituitosi nei primi mesi del 2005, che ha coinvolto in breve tempo il Consiglio Regionale del Piemonte, la Consulta Femminile Regionale e il CIRSDE ( Centro interdisciplinare di ricerche e studi delle donne dell’Università di Torino).
Obiettivo era ed è la costituzione di una Casa degli Archivi delle donne in Piemonte, intesa sia come luogo fisico in cui far confluire documentazione di varie tipologie e archivi veri e propri a rischio di dispersione, sia come nodo di raccordo virtuale con archivi e fondi documentari esistenti altrove, attraverso un sistema di collegamento in rete a livello regionale.
A tale fine in data 15 febbraio 2007 è stata presentata dalle sette Consigliere Regionali la proposta di legge n. 409 dal titolo: “Tutela e valorizzazione del patrimonio storico e archivistico delle donne in Piemonte”, il cui iter è tuttora in corso.
Nel frattempo però la Consulta Regionale Femminile del Piemonte, il Comitato promotore per un archivio delle donne in Piemonte e il Cirsde hanno bandito due borse di studio per la ricognizione e il censimento dei fondi archivistici e documentari esistenti in Piemonte di interesse per la storia delle donne e del movimento delle donne.
Le borse dell’entità ciascuna di 6.000 euro lordi ( erogati dalla Consulta Regionale femminile) e della durata di sei mesi, richiedevano agli aspiranti in particolare: preparazione nell’ambito degli studi di genere; titoli documentati di preparazione archivistica; buona padronanza dei più diffusi applicativi informatici. La selezione era prevista su base dell’esame dei titoli e di un colloquio.
L’attività da svolgere era descritta in: 1. ricognizione dei fondi pubblici e privati,già riordinati o ancora da riodinare presenti sul territorio piemontese e inerenti tematiche femminili, storie di donne e del movimento delle donne; 2. rilevazione, su scheda informatizzata predisposta dal Comitato scientifico, della natura e della consistenza dei fondi censiti; 3. presentazione di relazioni periodiche bimestrali sullo stato di avanzamento dei lavori.
Con grande sua sorpresa la Commissione giudicatrice, allo scadere del termine per l’invio delle domande, si è trovata di fronte a ben 87 domande di cui 17 di aspiranti in possesso dei titoli richiesti. Dopo un lavoro lungo e impegnativo, poiché si trattava di candidate provenienti da ogni parte d’Italia e con ottimi curricula, ha stilato una graduatoria di 10 nomi. Ai due primi posti si sono piazzate ricercatrici che hanno poi svolto un ottimo lavoro sotto il profilo qualitativo, dimostrando anche doti di iniziativa personale e capacità nella divisione del lavoro, nonché abiliità relazionali, essenziali per ottenere l’accesso negli archivi e la collaborazione degli enti.
All’avvio del censimento due problemi si sono segnalati come prioritari da risolvere: l’arco cronologico da considerare e l’ambito dell’indagine da definire.
Quanto al primo, se da un punto di vista storico il periodo fine Ottocento inizio Novecento è di grande interesse in quanto il movimento pro- voto delle donne si sviluppa in quegli anni, si è preferito spostare lo sguardo più avanti, essendo uno degli obiettivi del progetto quello di ricuperare informazioni sui fondi documentari di donne che hanno avuto un ruolo politico-sociale nel corso del 900. E’ stato pertanto deciso di considerare come arco temporale della ricognizione il periodo che va dalla prima guerra mondiale ai giorni nostri. Ciò nonostante si è chiesto alle ricercatrici di rilevare su scheda distinta da quella utilizzata per il censimento, l’esistenza di documentazione di interesse per la ricerca, anche se relativa a un arco cronologico antecedente a quello prescelto per il censimento.
Quanto al secondo problema, ossia l’ambito delle indagini, considerati i vincoli temporali ( sei mesi) e l’ampiezza dell’area geografica (l’intero territorio regionale piemontese, ossia una città metropolitana, Torino, e otto province), si è deciso di circoscrivere almeno in una prima fase gli ambiti di ricognizione ad alcune categorie facilmente individuabili (archivi di sindacati, partiti, organizzazioni e associazioni strutturate). Per quanto riguarda gli archivi di singole donne, essi non sono stati fatti oggetto di ricerche a tappeto, ma censiti a seguito di specifica segnalazione. Si è comunque concordato di acquisirli, almeno per un deposito temporaneo “di soccorso”, in presenza di rischio di dispersione.
Fissate queste linee direttrici, cui si è aggiunta l’opportunità di far precedere ogni contatto tra le ricercatrici e gli enti da una lettera ufficiale di presentazione e dell’iniziativa e delle persone che si sarebbero recate sul posto, si è deciso di utilizzare la rete degli archivisti e dei bibliotecari dei grandi centri del Piemonte per costruire l’impianto del censimento.
Parallelamente con il sussidio dei siti informatici che contengono informazioni su istituzioni e associazioni e sui loro patrimoni documentari, nonché sulle indagini in materia ( vedi ad esempio la ricerca finanziata dall’Unesco sulle tesi di laurea fatte in Piemonte su argomenti piemontesi), oltre ovviamente agli studi che hanno attinto a materiale documentario originale (ultimi tra i tanti Donne e politica. La presenza femminile nei partiti politici dell’Italia repubblicana. Torino 1945-1990, a cura di M. T. Silvestrini, C. Simiand, S. Urso, Milano, F. Angeli 2005 e Fare la differenza. L’esperienza dell’intercategoriale donne di Torino. 1975-1986, a cura di N. Giorda, Torino, Ed. Angolo di Manzoni 2007 ), si è proceduto alla stesura di una mappa dei settori di ricognizione, che in estrema sintesi si può così riassumere:
Archivi di Stato
Archivi storici dei comuni capoluoghi di provincia e dei maggiori non capoluoghi
Istituti storici della resistenza
Enti pubblici (INPS, RAI, ENEL ecc)
Istituti ed enti culturali
Sindacati
Partiti ( Commissioni femminili)
Associazioni di patronato
Societa femminili di mutuo soccorso
Associazioni di volontariato
Croce Rossa Italiana
Ordini e congregazioni religiose
Istituti religiosi
Associazioni religiose ( cattoliche, evangeliche, ebraiche ecc)
Archivi diocesani
Archivi delle chiese non cattoliche
Spettacolo e arte
Associazioni sportive femminili
Editoria e Stampa femminile
Scuole e collegi femminili
Archivi scolastici e archivi delle fondazioni specializzate nel settore scolastico e pedagogico
Imprese (archivi di aziende, banche, fondazioni ecc)
Ordini professionali( ad es. ass. sociali; infermiere, ostetriche, insegnanti Isef)
Associazioni professionali ( ad es. donne artiste, donne architetto/ingegnere, donne dirigenti d’azienda ecc)
Associazioni femminili
Singole donne ( a questo proposito cfr. personaggi femminili citati in repertori e pubblicazioni specializzate)
Nel corso del 2006 si sono verificate alcune novità.
Nel giugno il Comitato promotore si è trasformato nell’Associazione culturale ArDP ( Archivio delle donne in Piemonte).
Con questa nuova sigla e con il concorso del Cirsde, della Consulta Regionale Femminile e del Consiglio Regionale del Piemonte il 28 settembre 2006 è stata presentata ufficialmente l’iniziativa del censimento, mirante a sensibilizzare soprattutto le associazioni ma anche i privati nei confronti della salvaguradia degli archivi delle donne, in un incontro ospitato a Palazzo Lascaris, sede del Consiglio Regionale del Piemonte, dal titolo Preservare e valorizzare la memoria e la storia delle donne in Piemonte.
Si è trattato anche dell’avvio ufficiale dell’attività delle due ricercatrici vincitrici delle borse di studio.
Da allora ognuna delle borsiste definiva una propria area di competenza, in modo che non si creassero interferenze; individuava i soggetti di cui censire gli archivi; prendeva contatto con un referente dell’archivio e alla fine inseriva le informazioni ritenute degne di interesse nella banca dati (Applicativo Guarini). Come ha scritto una delle ricercatrici:”Di ciascun soggetto è stato individuato un referente, col quale, previo appuntamento, si è avuto un incontro finalizzato a segnalare l’esistenza di fondi di interesse rispetto ai fini del progetto. Il colloquio è stato privilegiato anche nel caso in cui molte informazioni fossero già disponibili in rete, per meglio far comprendere gli obiettivi della rilevazione e nella convinzione che proprio la tessitura di una rete di relazioni sia uno dei mezzi più proficui per il raggiungimento degli obiettivi’ (Paola Novaria, Relazione di avanzamento lavori relativa al primo bimestre di attività (18 settembre-18 novembre 2006).
La relazione bimestrale che ciascuna ricercatrice doveva presentare alla Regione veniva letta discussa e commentata in precedenza dal Comitato scientifico, che doveva approvarla. Si è trattato, ne parlo con cognizione di causa avendo intensamente partecipato a tutte le fasi dell’iniziativa, di incontri assai fruttuosi, perché impostazione del lavoro del censimento, esiti delle ricognizioni, problemi relativi all’inserimento dei dati nel software Guarini archivi, sono stati oggetto di un vero e proprio lavoro seminariale che trascendeva gli aspetti puramenti tecnici del lavoro, per affrontare quesiti di natura storica, con particolare attenzione alla peculiarità della presenza femminile.
Proprio dalla ricchezza delle discussioni svolte negli incontri bimestrali, oltre che dalla sensibilità delle istituzioni promotrici del censimento in vista della costituzione dell’Archivio delle donne in Piemonte, è nata la proposta di un convegno da dedicare interamente al tema degli archivi delle donne, uscendo dall’ambito regionale, per confrontarsi sia con esperienze realizzate altrove sia con archivi specialistici. Memorie disperse, memorie salvate è il titolo della giornata di studio svoltasi a Torino il 25 maggio 2007 al Circolo dei lettori. Dopo la relazione di apertura di Anna Bravo sul tema più generale Storia delle donne: perché un archivio dedicato? , il convegno è proceduto, articolandosi in quattro sezioni, ognuna densa di interventi: gli archivi del femminismo; le scritture e le arti; lavoro, sindacato e politica: parole e silenzi; gli archivi del Piemonte parlano di lei?
In quest’ultima sezione è stato presentato il censimento con comunicazioni delle ricercatrici illustrative dello stadio raggiunto e con interventi di riflessione critica da parte dei membri del comitato scientifico. Le ricercatrici, allo spirare del semestre di lavoro previsto dal bando di concorso, hanno censito 80 archivi tra pubblici e privati, così ripartiti nelle otto province piemontesi: trentadue a Torino, sedici a Cuneo, nove a Biella, sei nel Verbano Cusio Ossola e a Vercelli, cinque ad Asti, quattro a Novara e due ad Alessandria, producendo un complesso di 1.500 schede catalografiche. Per quanto concerne il materiale conservato hanno osservato che:” Si è notata una rilevante differenza nella quantità e qualità della documentazione raccolta. Soprattutto gli Istituti storici, veri e propri ‘catalizzatori’ per la cultura locale, sono attenti alla prospettiva di genere e si impegnano non solo nell’individuazione e conservazione di fondi già costituti, ma anche nella ricerca e nella raccolta di testimonianze e memorie femminili. E’ questo il caso per esempio del Centro di documentazione della Camera del lavoro di Biella o dell’Istituto storico di Alessandria” ( S. Contini, P. Novaria, Le donne negli archivi piemontesi: una prima mappa del territorio regionale ).
Le riflessioni si sono incentrate sugli aspetti più rilevanti che emergono dal primo screening: innanzitutto l’ampiezza di tipologie di archivio determinata sia dai motivi più disparati per cui si avviano delle esperienze collettive ma anche dalla facilità, e in alcuni momenti dal gusto e dal piacere, di associarsi non solo per raggiungere degli obiettivi ma anche per rompere tradizioni di isolamento o per superare delle fragilità o per trattare temi specifici dell’ essere e del sentirsi donne. Risulta ben documentata la netta differenza che isola il capoluogo piemontese dal resto della regione quanto a vocazione associativa. Torino, con il suo cospicuo numero di associazioni di donne, si segnala infatti rispetto a tutti i capoluoghi di provincia come sede naturale di aggregazione separata per l’impegno politico, sociale, culturale e religioso, oppure su tematiche squisitamente femminili.
Le varie province appaiono invece caratterizzate da aggregazioni di donne in cui hanno peso peculiarità locali, ad esempio la risicoltura per il vercellese; agricoltura, artigianato e terziario nel cuneese; forte sindacalizzazione operaia nel biellese e così via.
Dovunque sono presenti, ovviamente con entità diverse, alcune associazioni femminili di consolidata tradizione quali ad esempio Soroptimist, Cif (Centro italiano femminile) e Udi (Unione donne italiane).
Le associazioni femminili militanti, nate spesso nella stagione di fioritura dei movimenti, sembrano caratterizzarsi, come in genere tutti questi, per una grande frammentazione e una durata nel tempo piuttosto breve. Le loro carte si sono conservate laddove c’è un istituto che fa da punto di riferimento e che diventa l’erede naturale anche degli archivi privati ( vedi ad esempio a Torino la Casa delle donne e il Centro studi Piero Gobetti).
E’ interessante osservare che la memoria delle donne è da sempre conservata presso le grandi sedi sindacali, che, del resto, assai meglio e assai più dei partiti, hanno provveduto per tempo e per lo più in maniera non artigianale a organizzare e a rendere accessibili i loro archivi.
Un argomento non trascurabile è costituito dagli archivi di grandi personalità, intorno a cui è ruotata molta della storia delle donne in sede locale e, dati gli impegni di molte di loro, anche su scala nazionale. Purtroppo, come si è dovuto rilevare in parecchi casi, se non c’è stato un conferimento diretto o almeno una indicazione precisa della destinazione delle proprie carte da parte della personalità stessa, alla sua scomparsa l’archivio viene alienato o va disperso, se non addirittura distrutto.
Nonostante l’impegno delle ricercatrici i sei mesi si sono dimostrati appena necessari per sperimentare metodi e tecniche del censimento e per avviare il lavoro di raccolta dei dati sugli archivi che interessano la storia delle donne e il movimento delle donne, per cui molto è rimasto da fare. La prima fase ha permesso però non solo di individuare sedi e luoghi che conservano documentazione di sicuro interesse, ma anche di stabilire contatti con responsabili di associazioni e di gruppi assai disponibili a collaborare nel reperimento di materiale spesso conservato nelle abitazioni delle dirigenti. E’ emersa l’esistenza di un potenziale archivio orale femminile e femminista tutto da ricuperare attraverso testimonianze e storie di vita. E’ un patrimonio prezioso, ma che può facilmente andare perduto se non si attiveranno in tempi brevi risorse per raccogliere queste memorie.
Ricorrendo a un finanziamento dell’ArDP, è stato possibile offrire alle due ricercatrici ancora un periodo di due mesi sia per completare ricognizioni parziali, sia per mettere a punto i risultati del loro lavoro sotto il profilo informatico, aspetto assolutamente essenziale per permettere in un prossimo futuro l’utilizzo del censimento, nonché per tutelare la durata nel tempo e l’integrità dei fondi censiti, ma soprattutto per tentare di realizzare un soggettario che consenta di interrogare gli archivi anche per argomenti. Questo obiettivo, cui sta tuttora lavorando un membro del Comitato scientifico particolarmente preparato sotto il profilo informatico, si rivela una vera e propria “impresa”, anche perché non esistono adeguati strumenti cui affidarsi. Si è utilizzato il lavoro di A. Perrotta Rabissi e M. B. Perucci, Linguaggiodonna: primo thesaurus di genere in lingua italiana, Milano 2° ed. 1991, strumento preziosissimo, ma i cui limiti rispetto all’obiettivo consistono nell’essere stato pensato per fini diversi (uso consultori) e nel rispecchiare inevitabilmente un linguaggio un po’ invecchiato anche sotto il profilo concettuale. Esiste inoltre una questione assai complessa che riguarda la “proprietà” dei risultati, l’accessibilità dei dati informatizzati e l’eventuale pubblicazione di essi in forma cartacea.
Trattandosi di una iniziativa congiunta di più istituzioni, che tutte hanno contribuito all’elaborazione del progetto e alla sua esecuzione, designando anche i componenti della Commissione giudicatrice e del Comitato scientifico, è difficile individuare un soggetto che possa rivendicare la propietà dei risultati del lavoro. D’altro canto le notizie fornite direttamente alle ricercatrici da responsabili di archivi pubblici o da possessori di archivi privati non possono essere divulgate senza un’autorizzazione di costoro. Va inoltre rilevato che la pubblicazione di dati archivisti, anche se noti, in un contesto diverso da quello originario comporta un intervento di modifica e trasformazione che deve essere conosciuto, approvato e autorizzato. Si è pertanto deciso di inviare a ogni archivio la relativa scheda di ricognizione, chiedendo l’autorizzazione alla pubblicazione on line o cartacea. Con tale autorizzazione sarà possibile rendere accessibili i risultati del censimento, inserendoli in un sito ed eventualmente pubblicandoli in forma cartacea.
La consapevolezza dell’importanza di continuare il lavoro così ben avviato e di utilizzare le risorse anche umane scoperte durante la prima fase del censimento e assai disponibili a collaborare prima che gli entusiasmi si spengano ha indotto una delle istituzioni promotrici dell’iniziativa interessata per la sua stessa mission alla creazione di un archivio delle donne in Piemonte, ossia il Cirsde, a promuovere un nuovo concorso per una borsa di quattro mesi che permetta di fare ulteriori passi avanti, sapendo però che un’iniziativa di questo tipo sarà perennemente suscettibile di arricchimenti e di integrazioni.
E’ quindi appena stato pubblicato un nuovo bando, il cui obiettivo è di privilegiare alcuni contesti meritevoli di particolare attenzione, anche a seguito delle segnalazioni fatte dalle due ricercatrici.
Uno dei filoni di indagine segnalato riguarda le sezioni femminili degli istituti di segregazione, nonché ospedali e case di cura specializzate in ostetricia e ginecologia, avendo cura di raccogliere dati non solo sulle ricoverate ma anche sulle donne operatrici in tali strutture.
Un altro filone riguarda gli archivi personali di singole donne, il cui ruolo sia stato importante, anche localmente, per la storia delle donne: militanti del movimento delle donne, donne emergenti in posizioni tradizionalmente maschili, donne artiste, scrittrici e così via.
Attendiamo fiduciose, facendo nostri gli imperativi suggeriti da una nostra ricercatrice archivista: “conservare, inventariare, valorizzare”.